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Live Report: Luca Turilli's Rhapsody

LUCA TURILLI'S RHAPSODY + FREEDOM CALL + ORDEN OGAN + VEXILLUM

Live Club di Trezzo d'Adda (MI)

23 Novembre 2012

testi e foto di

A distanza di qualche mese l'accogliente Live Club spalanca di nuovo le porte al metal sinfonico, Hollywood metal o film-score metal che dir si voglia, ospitando dopo i Rhapsody of Fire di Staropoli e Lione, i Rhapsody di Luca Turilli.

Purtroppo al mio ingresso i VEXILLUM, in gonna scozzese, sono al termine del loro set. Giusto il tempo di ascoltare qualcosa e vederli salutare sventolando un simpatico cartello con il logo del gruppo; a giudicare dai loro volti sorridenti e dagli applausi dell'ancora sparuto pubblico, la band che quest'anno ha pubblicato “The Bivouac” ha contribuito al buon inizio della serata.

Serata che prosegue con gli ORDEN OGAN, esaltati per la somiglianza con i Blind Guardian degli esordi ma che personalmente trovo nulla più che discreti. Impressione ribadita questa sera dove i quattro, musicalmente ineccepibili, dimostrano di non possedere quella scintilla che li innalzi oltre la media. Il concerto comunque è godibile, i quattro, vestiti da guerrieri post-nucleari, con tanto di avanzo di pneumatico sulla spalla del cantante-chitarrista, sono affiatati ed esperti. Si fanno apprezzare soprattutto nei passaggi di chitarra, con assoli in simultanea talvolta in tapping che lasciano a bocca aperta, mentre il cantato di Seeb, purtroppo, manca della dovuta aggressività. Non aiutano, inoltre, alcuni passaggi di tastiera registrati; personalmente in questi casi preferisco un suono più scarno ma spontaneo. Il pubblico comunque è ben disposto, e quando viene invitato a cantare il ritornello di “The Things We Believe In” con le parole “Cold, Dead And Gone” in bella evidenza sui fondali che addobbano il palco, la risposta è positiva.

Chi invece il carisma se lo è guadagnato dopo anni di concerti, è Chris Bay, che con i suoi FREEDOM CALL si rivela una piacevole sorpresa. Si parte con “Freedom Call”, doppia cassa a manetta, vocina acuta molto aiutata dall'effettistica, sorrisi ed allegria per tutti. Look da hair metal band degli 80's che avrà fatto colpo sulle signorine, Bay ci mette poco ad accattivarsi le simpatie dei presenti inserendo qua e là paroline in italiano nelle divertenti interazioni con il pubblico. I Freedom Call sono comunque una band di tutto rispetto e pezzi come “Rockstar” e “Power And Glory” ribadiscono come “Land Of The Crimson Dawn” sia un disco da highlight del 2012. Forse una canzone più cadenzata come “Tears Of Babylon” non è proprio da “happy metal party” ma ci pensa la conclusiva “Land Of Light” a mettere tutti d'accordo.

Ecco quindi i LUCA TURILLI'S RHAPSODY. Viene velocemente allestito lo stage nella sua interezza, batteria a destra, tastiera essenziale a sinistra e al centro uno schermo che cinematograficamente con titoli di testa presenta la band. Apertura con “Riding On The Wings Of Eternity” e poi senza pause le nuove “Clash Of Tytans” e “Tormento E Passione”, durante la quale si aggiunge la vocalist Sassy Bernert. Così ad occhio più bella che brava, ben affiatata con i compagni e sempre pronta ad intervenire nei passaggi con voce femminile. Tutta la band comunque è decisamente in palla; ho visto i vecchi Rhapsody per l'ultima volta nel 2007, quindi il paragone non è proprio attuale, però ai tempi era Fabio Lione a reggere da solo lo show, mentre il resto dei componenti rimaneva spesso nelle retrovie. Oggi invece Turilli e Guers, soprattutto il primo, si muovono, si incrociano, fissano spesso le prime file...non siamo ancora ai livelli degli Iron Maiden ma l'impatto dal vivo è decisamente migliorato. Anche l'inevitabile uso di basi registrate è ridotto al minimo, nonostante l'assenza per infortunio del secondo chitarrista Dominque Lerquin, mentre come promesso nelle interviste viene accentuata la componente visiva. Lo schermo proietta immagini suggestive, mentre di tanto in tanto la performer Nadia Bellir si lancia in danze accattivanti addobbata con lucine colorate. Luccicante è anche l'asta del microfono di Alessandro Conti, vero mattatore della serata. Sulle sue qualità non c'erano dubbi, e il nostro riesce a districarsi senza problemi tra repertorio vecchio e nuovo. Fa piacere che nonostante il contesto sia più serioso, Conti riesca a trovar spazio per la verve comica che caratterizza i Trick Or Threat, scherzando col pubblico o producendosi in scenette come quella dell'aerosol in vista di brani di difficile esecuzione o impantanandosi sulla pronuncia di “Excalibur”.

La set list, oltre ai brani di “Ascending Into Infinity”, pesca tra il repertorio solista di Turilli (“Demonheart, “Ancient Forest Of Elves”), e materiale forse mai suonato dal vivo dai Rhapsody come “Forest Of Unicorn”, con tanto di chitarre acustiche, e una sorprendente “Flame Of Revenge”. C'è spazio anche per i rispettivi assoli di Landenburg e Guers, abbastanza concisi per non spezzare eccessivamente i ritmi dello spettacolo. Che si avvia verso il gran finale con la possente “Dawn Of Victory”, seguita dai bis “Dark Fate Of Atlantis” e l'inno nazionale dei metallari italiani “Emerald Sword”, prima che la festa si chiuda definitivamente con “Warrior Of Ice”.

Peccato per il pubblico non certo numeroso, anche se probabilmente sparpagliato tra le quattro date italiane del tour. Forse a causa della non esagerata affluenza il Live ha cercato di arrotondare chiedendo una maggiorazione per accedere alla zona divanetti, ma con scarso successo, in fondo siamo metallari e qualche ora in posizione eretta si può sopportare.

Si torna a casa ampiamente soddisfatti, anche se alla fine, dopo aver visto la Turilli's band nella parte dei Rhapsody, non possono che accentuarsi dubbi e curiosità su una delle separazioni più anomale della storia del metal.