Recensioni: Where The Sun Comes Down "Ten Years Like in a Magic Dream"
Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea
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VENERDI' 7 GIUGNO, DOPO IL CICLONE KISS, LA GIORNATA PIU' INTENSA! Siamo al Venerdì mattina e, passato il ciclone Kiss… le strade tornano a essere trafficate ma non intasate, così oggi, altra giornata di tempo stupendo ed estivo, siamo in loco abbastanza sul presto, per goderci appieno anche le prime chicche di giornata. Appena arrivati, scopriamo che effettivamente il set dei Witchcraft è stato annullato, con nostro grande disappunto, in seguito all'annullamento di tutto il tour europeo. Se il giorno prima l'affollamento era notevole (colpa dei Kiss?!) oggi pare tutti vogliano prendersela con molta calma e l'area pare quasi deserta a tratti…
Tocca ai KLOGR aprire le danze, unico nome italiano presente, e vincitore di un concorso sul sito internet del festival che assegnava i tre slot di apertura nelle giornate "intere". La band guidata da Gabriele "Rusy" Rustichelli, prova in tutti i modi a offrire uno show pieno di energia nonostante la risposta di pubblico sia molto scarsa, e ridotta a un manipolo di persone. La formula è quella di un moderno metal americano con vocalizzi growl e buona tecnica di tutti gli strumentisti, ma i locali oggi tardano ad affollare l'area e i nostri conterranei ne risentono inevitabilmente.
La nostra giornata prende quindi il ritmo giusto quando intorno a mezzogiorno tocca ai TREAT, per quella che dovrebbe essere l'ultima delle loro esibizioni, dopo trent'anni di onorata carriera. Almeno a seguire i vari comunicati stampa che si son succeduti sul loro sito e su quello dello Sweden, anche se in noi, permane il forte dubbio che non si tratti della solita trovata pubblicitaria per l'ennesima "ultima volta"... Dopo averli apprezzati oggi sul palco, sarebbe un vero peccato, anche perché il loro era stato uno dei come back più riusciti del nuovo millennio, per quello che era uno dei nomi più in voga nel paese scandinavo nei dorati Anni Ottanta. Rispetto all'ultima volta in cui li avevamo visti, manca il mastodontico bassista Nalley Påhlsson che ha lasciato il posto a Fredrik Thomander (ex-Vildsvin), per il resto il tutto gira ancora attorno al buon estro del leader e vocalist Robert Ernlund, oggi in splendida forma, coadiuvato da un grandissimo Jamie Borger dietro le pelli. E' un lungo viaggio attraverso questi trent'anni di storia quello che, pur addensato in poco più d'un ora, ci sciorinano gli svedesi. Dal loro celebrato ultimo capolavoro, le ottime "The War Is Over", il lentone strappamutande "We Own The Night" (nonostante l'ora e il sole bello alto... d'effetto) e " Skies of Mongolia". Non mancano i classiconi, fra cui sicuramente "Ready for the Taking", il medley che comprende "Party All Over" e "Sole Survivor", giù fino a "Get You on the Run" e infine la grandiosa e finale "World of Promises", a far scaldare gli animi dei presenti. Ma c'è anche una piccola chicca, "Learn to Fly" cantata da un ospite d'eccezione: quel Mats Levén che, per una breve parentesi a inizio '90, aveva preso il posto di Ernlund dietro il microfono. I presenti apprezzano e fanno sentire tutto il loro calore per questo che, sperabilmente non sarà l'ultimo e definitivo saluto ai grandi Treat!
Su richiesta degli Europe o semplicemente per finire di smontare la mastodontica coreografia dei Kiss??? Questi i "rumors" che giravano con più insistenza, fatto sta che il Festival Stage non è più disponibile. Per cui assistiamo a un inedito (siamo in Svezia!) cambio di programma, purtroppo dell'ultimo momento (e anche, ahimè poco pubblicizzato) con il set forzatamente anticipato di mezz'ora, e con gli HARDLINE costretti pure a traslocare sul meno capiente Sweden. Una modifica che, ai meno attenti fa perdere parte dello show, nonostante lo stesso sia iniziato con un piccolo ritardo. Anche se l'enorme e riconoscibilissimo drumkit di Mike Terrana, montato in fretta e furia sul palco aveva lasciato ben pochi dubbi sulla veridicità di questa news dell'ultimo minuto. Dei vecchi Hardline che impazzavano negli anni '90 e dei fratelli Gioeli è rimasto il vocalist Johnny, per quello che ora è diventato in sostanza un suo vero e proprio solo project. Anche se (finalmente!!) respiriamo un po' di Italia con la presenza di Anna Portalupi (basso) e il mitico Alessandro Del Vecchio alle tastiere. Il piccolo grande uomo è ormai un vanto per noi italiani, in quanto musicista, insegnante e produttore in ambito mondiale. Da anni sta producendo quanto di meglio ci sta offrendo il panorama musicale di quell'hard rock melodico che molti di noi amano alla follia e di cui gli Hardline fanno sicuramente parte. Da pochi anni è uscito pure l'ottimo "Danger Zone", su livelli che solo il debut "Double Eclipse" aveva toccato in precedenza, riportando agli onori delle cronache la band del buon Gioeli, in forma un po' appesantita (colpa dell'Italia?) con i capelli corti, ma capace ancora di regalare emozioni a piene mani con la sua particolarissima voce. L'inizio è un po' lento e non particolarmente coinvolgente, ma, man mano che la voce di Gioeli sale di tono e la band si scalda un po' le cose migliorano vistosamente. Sono soprattutto la magnifica "Fever Dreams" dall'ultimo estratto e, neanche a dirlo, l'indimenticabile "Hot Cherie" a infiammare i presenti, già messi KO pochi minuti prima dai Treat, per un altro apprezzatissimo manifesto di dolci melodie. Bentornati in pista HARDLINE!
Preferiamo così ben presto spostarci sotto al 4Sounds dove si accavalla il set dei greci FIREWIND: già visti qui allo Sweden di qualche anno fa (e furono una delle più gradite di quel Festival!) per cui ben conosciuti dai più. Non solo per il fatto che Gus G ha sostituito Zakk Wylde nel baraccone del Signor Ozzy Osbourne, oppure per la militanza dell'ex-cantante Apollo Papathanasio negli svedesi Spiritual Beggars. I Metallers di Salonicco si presentano, a distanza di pochi anni, con un paio di cambi di formazione di spicco: il batterista Marc Cross è stato da poco licenziato, e, soprattutto, Apollo che era dato per certo, visto che ha spostato la sua residenza proprio qui in Svezia è qui sostituito dal nuovo vocalist Kelly Sundown Carpenter. Il vocalist americano, bisogna ammetterlo, non sfigura affatto, grazie alla sua potente voce che regala energia al sound dei greci. Il loro set è, come il solito di ottima fattura. Infarcito dai lunghi assoli (ma mai noiosi) di Gus G, vero trascinatore del combo ellenico, ed i divertenti siparietti inscenati assieme al suo vecchio compagno Bob Katsionis che lo irride copiandogli gli assoli suonati con una mano con la chitarra e con l'altra la tastiera! La cover "metallizzata" di "Maniac" arrivata verso il finale è la ciliegina sulla torta di uno show incendiario e sicuramente apprezzato da tutti i (tanti) presenti.
Altro appuntamento con la macchina del tempo: Rock Stage, ore 15, Signori e Signore: gli ASIA!! Anche se all'inizio un po' non sapevamo cosa aspettarci da un nome che, almeno sulla carta, doveva comunque spazzare ogni dubbio. La superband creata una trentina d'anni fa (da membri di Yes, King Crimson ed Emerson Lake & Palmer) è però passata attraverso svariate cambi di line-up, ed è tornata, solo da qualche anno a questa parte, a quella che può esser considerata una vera e propria reunion. Aggiungiamoci l'altra nota negativa, l'assenza di Steve Howe, comunicata solo poche settimane prima del Festival, e rimpiazzato da un giovane e virtuoso chitarrista, Sam Coulson, che alla fine si è rivelato bravo e centrato, però un po' troppo plastico e fermo (forse un po' più di energia a quell'età ce la saremmo aspettata ..) almeno per bilanciare un po' l'evidente differenza carismatica con il predecessore. D'altra parte appare evidente, quanto la band curi molto marginalmente l'aspetto immagine. Ci sembra più di trovarci una comitiva di nonni in gita con il giovane nipote, piuttosto che un insieme di musicisti che hanno scritto pagine di storia... Ma in fondo ciò che più importa è il fatto che questi insospettabili "anzianotti" ci piazzino un set di grande classe, una grandissima prestazione soprattutto del loro leader: John Wetton. Non sfigurano gli estratti iniziali dal loro ottimo, nuovo album ("Fly From Here" che si è fatto attendere per quasi dieci anni) ma, chiaramente, la parte del leone la fa la doppietta finale delle storiche "Sole Survivor" e "Heat of the Moment", con il momento "pelle d'oca" durante l'esecuzione di "The Smile Has Left Your Eyes" solo voce e tastiere!
C'era una certa attesa anche per un altro nome importante, sul palco minore, lo Sweden, ecco Mr. Jason NEWSTED, noto come bassista dei Metallica, ma anche per i trascorsi in Flotsam And Jetsam e Voivod. E il tutto con un solo EP pubblicato alle spalle ad accrescere la curiosità. Peccato che viste le concomitanze non ci sia stata la possibilità di seguire tutto il set, che va ampiamente a proporre cose che ricordano i primi Metallica, con buoni passaggi con i ritmi sono sostenuti, una buona presenza del frontman e un discreto movimento del pubblico sotto il palco. Chiude con un omaggio ai Motörhead su "(We Are) The Road Crew". Ancora in rodaggio!
E' ora il momento di DORO sul main stage. Palco ideale per gratificare e ringraziare la biondissima Queen of heavy metal, la quale risponde con uno show di grandissimo impatto. Seppur gli anni passino inesorabilmente, la sua energia e il suo magnetismo sul palco non sono affatto diminuiti! E' una delle stelle più amate dai metalheads di tutto il mondo, Lei lo sa, e trascorre gran parte del tempo sulla passerella centrale, idealmente in mezzo al pubblico più caldo. Mentre scivola via il suo classico set, innaffiato solo a brevi tratti da alcuni estratti dell'ultimo lavoro in studio, "Raise Your Fist". Come per le altre icone intramontabili del metallo, tutti qui si attendono che la scaletta, anche se può risultare scontata, sia pregna dei soliti hit, "Burning the Witches", "Für Immer", la sua personalissima versione di "Breaking The Law", e giù fino all'inno "All We Are" cantata da tutti all'unisono, a incorniciare l'esibizione, e rinforzare il legame affettivo tra l'eroina tedesca e i suoi fans. Non si avverte il bisogno di avere delle sorprese o dei cambiamenti. Anche perché a certe piacevoli "abitudini" non ci si stufa mai!
Gli organizzatori quasi ogni anno, nello stabilire dove assegnare gli slot a disposizione, regolarmente sottovalutano una band relegandola a palchi meno importanti di quello che sarà il vero valore della band. Ma questa volta l'errore è stato clamoroso, o forse dobbiamo parlare di un inaspettato, clamoroso successo degli AMARANTHE che però si trovano sul piccolo 4Sounds! Tanta gente così sulla collina che ha di fronte l'avevamo vista forse solo per gli eroi nazionali Sabaton che cantavano l'inno nazionale qualche annetto fa, la quantità di persone accorse è davvero impressionante come il colpo d'occhio: praticamente un sold out! La formula del successo della band -chiaramente svedese- oltre a essere legata a componenti di provata esperienza (ex membri Dream Evil, Nightrage ed Engel) è dovuta anche a un riuscito mix di power e melodic death metal con sonorità più moderne, tre vocalist, pulito (Jake E. Berg), growl (Andreas Solveström), e quella dolce e ammaliante della bellissima Elize Ryd (già ammirata in tour con i Kamelot). E' lei la vera trascinatrice, nonostante si faccia un po' fatica a vederla in braghette corte sotto un caldissimo sole, abituati come siamo ad apprezzarne i corpetti e i vestitini sexy e gotici durante i loro concerti indoor. Il loro successo è enorme e il pubblico apprezza soprattutto la monumentale "Hunger" e la ben più recente "The Nexus" che dà il nome al loro fortunatissimo ultimo lavoro (top ten in tutte le charts scandinave!). Sarà pure "musichetta leggera" con questo stranissimo sound "disco/metal" non proprio originalissimo ma a noi Elize piace (e molto...!). Una band sicuramente in rampa di lancio, verso vette molto alte!
E' arrivata anche l'ora degli UFO. Che tornano trovando finalmente il sole -come bene ci fanno notare- quando quattro anni orsono si erano trovati in mezzo ad un mezzo uragano d'acqua da queste parti. Il loro show è abbastanza ordinario, il pubblico abbastanza partecipe, ma forse la band non è al top come quella volta, Vinnie Moore alle sei corde fa il suo buon sporco lavoro, i pezzi, quasi sempre gli stessi a parte qualche raro estratto dal recente "Seven Deadly", ma comunque sempre grandi sono sempre lì, ma oggi Phil Mogg non era così in forma. Certo qualcuno ha sperato fino in ultimo in un'apparizione di Michael Schenker, annunciato in zona per il set degli Europe, e i classici fanno sempre la loro bella figura -il trittico finale "Rock Bottom", "Doctor Doctor", "Shoot Shoot" su tutto- ma i tanti accorsi sotto al Rock Stage si aspettavano forse un po' di più questa volta, anche come durata del concerto, finito troppo prima dello scadere del tempo a disposizione. Sarà che abbiamo ancora nella mente un fantastico show di Schenker, l'anno scorso, stesso palco, sempre lì sotto pur sotto al diluvio, ma rimaniamo un po' delusi oggi. Peccato!
C'era grande attesa anche per vedere lo show, sicuramente divertente dei finnici LENINGRAD COWBOYS, band con una storia lunga quasi trent'anni, che però si è trovata oggi con un pubblico molto ridotto, causa troppe concomitanze. Bastano comunque due o tre pezzi per rendersi conto del "fenomeno", molto pacchiano della band caratterizzata dai costumi vistosi, e dalle finte capigliature con banana come già negli eighties. Una decina di persone si aggirano sul palco per mettere in scena questo baraccone e suonare questi inni, chiaramente con una grandissima dose di umorismo. Peccato non poter seguire con attenzione, altri palchi, più seriosi ci attendono!
In mezzo a tanto ben di dio musicale, c'è spazio, sul piccolo Rockklassiker, anche per gli SPIDERS. Giovane band in giro da soli tre anni, da Goteborg, Svezia, ovviamente. Dedita a un hard rock con tinte molto sixties più che seventies, mescolate ad anime più blues e psichedeliche, ma anche più rock e dure, guidati dall'ammaliante singer Ann-Sofie Hoyles. Da pochi mesi hanno dato alle stampe il loro primo full lenght "Flash Point", portato qui quasi in toto, con su tutte "Weekend Nights" e "Fraction" e comunque si ritagliano un discreto seguito. Se al recente Muskelrock li avevamo intravisti nell'improvvisato after show party, oggi, pur sotto un sole cocente, finalmente su di un palco decente, confermiamo che la scena "retro-rock" svedese è più viva che mai, anche grazie a nomi come questi.
La nostra intensissima giornata continua e verso le otto è il momento di un'altra band storica, degli anni '80. Dalla Regina della Germania ci spostiamo a quella che (prima dell'avvento dell'era Gotthard) era considerata la band più famosa della Svizzera: i KROKUS! La band si presenta con la sua line up più classica, Marc Storace a guidare lo show da dietro il microfono, i chitarristi Fernando Von Arb e Mark Kohler, il bassista Chris Von Rohr, coadiuvati da un terzo chitarrista, Mandy Meyer, di grande spessore e peso sul palco. I nostri sono anche da poco tornati con un nuovo disco, "Dirty Dynamite" sulla scia del già ottimo come back di "Hoodoo", mostrando una certa vitalità, non scontata per chi ha venduto qualcosa come tredici milioni di copie ai tempi d'oro! Il risultato è un set bello tirato che riconcilia anche i più scettici con la band svizzera, che quasi incredula davanti a un foltissimo pubblico, fa deflagrare pura sporca dinamite in mezzo agli incantevoli giardini di Norje. Che gli svedesi siano grandi conoscitori in materia lo sapevamo, ma ci ha fatto un gran piacere il constatare quante centinaia di persone si siano adoperati a cantare a squarciagola le mitiche "Long Stick Goes Boom", "Easy Rocker", "Bedside Radio", ma anche la recente "Hoodoo Woman". Un'oretta e mezzo di puro divertimento, tanto per continuare bene una giornata che ha lasciato ben poco spazio al relax e alle delusioni!!
Ogni anno lo Sweden Rock deve proporre, pare quasi impossibile non succeda, uno dei nomi fra SAXON e Motörhead, così se l'anno scorso era stato il turno di Lemmy e soci riempire l'arena sotto al Rock Stage, questa volta ci pensano di nuovo Byff e soci. E nonostante l'ineluttabile passare degli anni i nostri eroi sono ancora lì, imperturbabili, come quando erano molto più giovani e in salute. Due nomi con cui è impossibile sbagliarsi, due macchine da guerra pronte solo a colpire. Visti millemila altre volte ma sempre pronti a raccogliere il dovuto bagno di folla, ogni volta come se fosse l'ultima. Ed è così che lo show ha inizio. Sembrano anzi più in forma che mai, magari Byff ha perso qualcosa nella sua ugola, ma è sempre il condottiero che porta la sua armata all'assalto con il coltello fra i denti, stavolta con anche qualche nuovo argomento, leggi pezzi più recenti, comunque ben incastrati nel loro set, dal recente "Sacrifice". Alla fine però saranno i soliti, grandi, pezzi del passato a tenere banco, se si esclude la rara "Dallas 1pm", sparata un po' a sorpresa, in mezzo alle "solite" "Crusader", "And The Bands Played On", "747 (Strangers In The Night)", "Strong Arm Of The Law", "Wheels Of Steel" o "Denim and Leather" che ci portano fino alla classica conclusiva "Princess of the Night". Inossidabili.
Stesso posto, stessa ora, stesso show... così potremmo dire degli AT THE GATES che tornano, dopo la loro apparizione nel 2008, sullo stesso Sweden Stage poco prima delle dieci. Il pubblico stavolta è un po' meno partecipe -forse l'evento è meno sentito di allora- ma ci troviamo di fronte ancora questa band seminale per il melodic death metal che ha poi preso il volo dalla loro stessa Goteborg, quando però loro si stavano già sciogliendo. Guidati come sempre da un Tompa Lindberg oggi in buona forma, leader di una band che assomiglia oggi più a una superband con il batterista Adrian Erlandsson (che suonò anche con i Cradle Of Filth), il bassista Jonas Björler ed il chitarrista Anders Björler, (fondatori degli Haunted). Un piacere riascoltare alcuni brani che hanno fatto la storia degli svedesi, come l'opener "Slaughter Of The Soul", " Under A Serpent Sun" o "Terminal Spirit Disease", così come la finale "Kingdom Gone" che chiude l'ora e mezzo a disposizione. Peccato solo per la poca partecipazione di pubblico, nota negativa del loro show, forse per questo un po' più freddo di quello di cinque anni orsono.
Se sei anni fa avevamo trovato e scoperto quasi casualmente i CRAZY LIXX su di un palco improvvisato in mezzo all'arena, operazione fortunatamente mai più ripetuta qui allo SRF, oggi abbiamo il piacere di goderceli su di un palco più serio, che anzi si rivelerà troppo piccolo a contenere la massa di presenti che si riversa nell'asfalto misto a ghiaia antistante al Rockklassiker Stage. Ed è certamente una sorpresa il constatare quanta gente ha preferito l'esibizione della band di Malmö in concomitanza con mostri sacri quali At The Gates e Saxon, che si stanno dando da fare nelle arene principali. In questi anni i CRAZY LIXX sono certamente maturati, seppur con mille difficoltà e cambi di line-up, il più doloroso del quale, quello della dipartita di Vic Zino, approdato alla corte dei ben più noti connazionali Hardcore Superstar. Il buon Danny Rexon è ancora qui, a guidare, con la sua voce molto caratteristica, il quintetto svedese con l'entusiasmo dei primi tempi nonostante (sarà per la citata fuga del loro talentuoso chitarrista?) non siano mai più riusciti a ritrovare la formula magica che permise loro la creazione di un album magnifico e sorprendente quale "New Religion" (2010). Grande l'energia e l'intesa con il pubblico fin dall'iniziale "Young Blood", giù per tutta l'ora abbondante a disposizione, forse evitabili i due guitar solo, ma alla fine le varie "Rock And A Hard Place", "Blame It On Love", "My Medicine (R.O.C.K.)" e la finale "21 Til I Die" travolgono facilmente i presenti, con buona dose di melodia, riff energici e cori orecchiabili che qui tutti conoscono a memoria. Il divertimento e il feeling che lega i Crazy Lixx ai loro fans fanno sì che il loro Set sia uno dei più divertenti della giornata. Dal vivo ci sanno fare e come! speriamo riescano a fare altrettanto con i loro prossimi lavori discografici. Secondo noi potrebbero ambire a qualche posizione più prestigiosa nella vasta offerta del panorama musicale scandinavo. Auguri.
Anche questo lungo e pieno Venerdì sta per andare in archivio ma prima di tornarcene a casa c'è spazio per degli headliners d'eccezione, nonché eroi di casa: gli EUROPE! Scelta discutibile, se vogliamo, visto che solo un paio d'anni orsono la band si era esibita nel pomeriggio al "Rock Stage", se escludiamo la loro presenza, ma a uno SRF ancora non così famoso, ben nove anni orsono. Però leggendo bene fra le righe di presentazione c'era da attendersi uno show particolare: si festeggiano i trent'anni dal lancio del loro debut album e questo sarà il loro unico appuntamento live nella loro Svezia. Si era vociferato e speculato sui possibili special guests, prima di apprendere che ci sarebbe stata pure l'occasione di registrare un DVD celebrativo. Il palco su cui si esibiscono stasera è sicuramente, come annunciato, il più spettacolare di sempre. Forse anche per tutti questi motivi or ora elencati, il pubblico è da grandi occasioni, ed è ancora più piacevole sapere che qui ci risulti abbastanza agevole l'avvicinarsi alle prime file, e quanto veloce sia raggiungere il photo pit: evviva siamo tornati allo Sweden Rock che amiamo di più! L'apertura è affidata ad alcuni pezzi nuovi, "Riches to Rags" e "Firebox" e fin qui nulla di così speciale, aprono così oramai tutti i loro concerti, ma è quando si comincia a scavare nel passato con "Scream of Anger" che il pubblico entra finalmente in sintonia. La lunghissima scaletta di stasera ci culla fra i ricordi e regala alcune chicche: dapprima una "Paradize Bay" dal primo album e fuori scaletta da decenni, e poi la fantastica "Prisoners in Paradise" mai eseguita, almeno inversione elettrica, dalla dipartita di Marcello nel lontano 1992. Ecco! Kee Marcello!!!!? Non vogliamo indagare in beghe legali e voci di spogliatoio, ma come mai, a celebrare i loro trent'anni, in mezzo ai tanto osannati ospiti prestigiosi non si è trovato un piccolo spazio per il loro chitarrista che comunque è entrato nella loro storia?!! Caduta di stile! La band è in grande forma, si è preparata in modo perfetto a questo evento e tutto funziona alla grande, l'esperienza davanti alle telecamere certo non manca a Joey e compagni, anche se in alcuni momenti avvertiamo una certa preferenza a "posare" piuttosto che a suonare... Dopo un intermezzo acustico su "Drink And A Smile" e la sempre fantastica "Open Your Heart", una piccola pausa e si riparte in quinta per la seconda parte di questa lunghissima serata: "Love Is Not the Enemy" e "Sign of the Times" incendiano i presenti. E' ora il momento degli attesi ospiti, il primo è Scott Gorham su di una bella versione di "Jailbreak" dei Thin Lizzy, quindi poco dopo ecco Mr. Michael Schenker su "Lights Out" degli UFO, giusto a citare due fra le maggiori influenze della band svedese, poco prima dell'inno di una generazione di rockers "Rock the Night" su cui cala il sipario su questo secondo, tiratissimo, tempo. C'è ancora chiaramente tempo per chiudere in bellezza con.. indovinate?? LA canzone che ha segnato gli eighties: "The Final Countdown", che volente o nolente finisce e finirà ogni show degli Europe almeno per altri trent'anni!!!!
Un'altra grandissima giornata se n'è andata, stanotte sarà difficile chiudere occhio, tanta è l'adrenalina ancora in corpo dopo tanto ben di dio messoci sul piatto in questo Venerdì infuocato e di grandi prestazioni con anche qualche sorpresa, ma dopo i saluti al VIP bar è ora di tornarcene a casa a riprenderci un po' in vista del gran finale di domani! (3/4 continua)
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