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Alternative 4 "The Brink" (Avantgarde Music)
Come ristabilire una relazione amorosa con la ragazza con cui stavate quindici anni fa e frequentata scarsamente durante questo lungo lasso di tempo. La magia di una volta è inevitabilmente andata perduta e si è costretti a far fronte – magari con un po’ di amarezza – ai cambiamenti, sia di lei sia di se stessi. Questa è l’impressione che scaturisce dall’ascolto ripetuto del nuovo progetto di Duncan Patterson, un personaggio decisamente bizzarro, tormentato e ironico, come sanno bene tutti coloro i quali gli sono “amici” su Facebook. Colonna portante degli Anathema fino alla pubblicazione di “Alternative 4”, uno dei capolavori assoluti della band inglese quasi del tutto composto dal Nostro, fondatore degli Antimatter, i quali hanno raggiunto la loro perfezione stilistica però con “Leaving Eden”, nel momento cioè in cui ha preso le redini della band il solo eccellente singer Mick Moss, e infine creatore degli Ìon, progetto alquanto affascinante per la capacità di unire world music, gothic/dark sound e folk irlandese, come dimostrano “Madre, Protegenos” e “Immaculada”. Ora, il buon Duncan prende l’azzardata decisione di lasciarsi andare alla nostalgia, pur con un piede ben saldo sul terreno della contemporaneità: pertanto, con questo nuovo progetto rispolvera le sonorità contenute in “Alternative 4”, coniugandole qua e là alla forma verbale degli Ìon. Ne risulta un lavoro che fa dell’indecisione e della scarsa sicurezza in sé i propri vessilli sonori. “The Brink” è, infatti, un album che spazia spaesato tra il gothic/dark malinconico degli Anathema formato-1998 e le atmosfere stile-“Madre, Protegenos”, incanalate in una specie di lugubre e notturno tunnel-new age. La parte che maggiormente si richiama all’act di Liverpool, se pare impeccabile a livello strumentale (chitarre acustiche, tastiere e mandolini magistralmente suonate da Duncan), soprattutto per quanto concerne il feedback malinconico delle melodie, fallisce profondamente da un punto di vista vocale – il cantato dell’australiano Mark Kelson degli Eternal è un mediocre ibrido tra il caleidoscopio nostalgico della voce di Vincent Cavanagh e la sensuale profondità di Darren White – e sotto l’aspetto della resa complessiva. Canzoni come “False Light” e “Still Waters”, tentativi sulla carta di aggiornare l’onirica sofferente delle anathemiche “Lost Control” o “Regret”, fanno infatti perdere all’ascoltatore il filo della matassa già dopo pochi secondi. Troppo costruite e prive di naturale spontaneità, nonché penalizzate dalla già menzionata carenza espressiva di Kelson. La parte, invece, che si richiama agli Ìon si perde nei labirinti mentali, così funerei e criptici, di brani come “The Brink (reprise)”, quindici minuti di atmosfere rarefatte che però non trasmettono pathos alcuno, e “Autonoma”, astratto dipinto dei sogni malati di Mr. Patterson che rimane insipidamente sospeso per aria. Non possiamo dire che l’esordio degli Alternative 4 sia un passo falso, tuttavia non possiamo nemmeno sostenere che si tratti di un lavoro brillante e ispirato. Ci troviamo, in altre parole, dinanzi a un prodotto musicale che non riesce a trovare una sua collocazione, così impegnato alla ricerca a ritroso delle magie perdute e scarsamente lucido nel comprendere che certe alchimie sono andate perdute per sempre.
Massima Allerta: Il “tocco” malinconico strumentale è Duncan Patterson al 100%. Colpo Di Sonno: Un album emotivamente insipido e penalizzato da un singer non all’altezza.
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