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Recensione: Anvil "Plugged In Permanent / Absolutely No Alternative"

Anvil "Plugged In Permanent / Absolutely No Alternative"

(Steamhammer / SPV)

Per Chi Ascolta: Heavy Metal

Al sottoscritto gli Anvil rimarrano per sempre quelli del sublime "Metal On Metal" (1982), perfetto esempio di Heavy Metal di stampo canadese con esecuzioni crude e perfette, un bel sound ed una genuina energia. Ammetto di aver perso per strada la band di Lips (ch, vc) ed oggi grazie alla SPV ci troviamo dinanzi alle ristampe di quattro loro albums "Plugged In Permanent" (1996), "Absolutely No Alternative" (1997), "Speed Of Sound" (1999) e "Plenty Of Power" (2001) racchiuse in due distinti digipacks dei quali andiamo ad analizzare il primo che propone "PIP" e "ANA". > "Plugged In Permanent", settimo studio album degli Anvil, fu pubblicato per la Massacre nel 1996 ed il titolo è una parodia delle performances intitolate MTV Unplugged, ma qua di  acustico non c'è assolutamente nulla, anzi. A fianco di Lips e Robb Reiner (bt) esordiscono Ivan Hurd (ch) al posto di Sebastian Marino (passato agli Overkill) e Mike Duncan (bs) che rimpiazza Ian Dickson. Le prime tre canzoni ("Racial Hostility", "Doctor Kevorkian" e "Smokin' Green") sono fra le più veloci mai eseguite dagli Anvil con un Reiner a pestare indiavolato sulla doppia cassa e gli altri musicisti a mulinare velocissimi riffs. "Destined For Doom" rallenta il passo e le atmosfere diventano più cupe senza perdere in pesantezza, ma è una pausa subito interrotta dalle feroci e veloci scorribande che ci conducono alla cadenzata e finale "Guilty". In questo disco Lips tende ad abbassare le tonalità del cantato e non di rado pare voler emulare Lemmy Kilmister. Rispetto a più deboli prove precedenti, "PIP" rapprensentò un passo verso un songwriting più incisivo ed ispirato, ma resta va ancora tanto da fare. Nel 1997 ecco uscire "ANA", con Glenn Gyorffy al posto di Mike Duncan, un concentrato di cattiveria espresso con brani più elaborati e complessi sempre lanciati a velocità elevate. In queste dieci canzoni gli Anvil prendono spunti dal boogie e dalla NWOBHM per traslarli sul loro impianto speed metal (con frequenti duelli chitarristici) che risultano competenti quanto, all'epoca, non in sintonia coi possibili fans dell'epoca, col risultato che anche questo album passò quasi inosservato. Se volete fare una ripassata di un certo modo di fare Heavy Metal con una band di spessore, anche se lontana dai fasti primogeni, potete dare una chance a questo volume.