Speciale Muskelrock 2019


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RECENSIONE: Avatarium "The Girl With The Raven Mask"

Avatarium "The Girl With The Raven Mask"

(Nuclear Blast)


Per Chi Ascolta: Doom, psych e prog dei seventies

Gli svedesi Avatarium tornano in pista con il loro secondo album, e così memori del loro interessante debut, ci siamo, appena possibile, tuffati nell'ascolto con altissime aspettative. Il combo nato intorno al leggendario Leif Edling, che tanto ha dato con i suoi Candelmass, accompagnato in questa avventura da Marcus Jidel (già in Royal Hunt e Evergrey) e Lars Sköld (Tiamat). Il suo tocco doom è, come nel predecessore, ben impresso, però dobbiamo dire che questo lavoro lascia spazio a passaggi meno scontati e nel complesso fa salire di qualche gradino gli Avatarium che, oltre a confermarsi, si superano. Disco ben scritto, con buona alternanza di ritmi e potenza, guidato dalla magnetica voce della bionda singer Jennie-Ann Smith, in costante bilico fra già sentito e freschezza, pur con un sound non proprio moderno. Si parte senza troppi fronzoli con la cavalcata veloce e cadenzata della title track, diretta, heavy e con un buon ritornello. E si continua con la maestosa "The January Sea", altro pezzo in cui tutte le capacità compositive della band di Stoccolma si sprigionano in un brano ottimamente interpretato dalla voce di Jennie-Ann. Le atmosfere seventies di "Pearls And Coffin", portano alla mente melodie del passato, lasciando in secondo piano l'anima doom del progetto… Ma anche quando le atmosfere si fanno meno sognanti, sulle più pesanti e cupe "Hypnotized" o "Ghostlight" la band non perde certo mordente… La semplice e diretta "Run Killer Run" fa da ponte verso il finale più psichedelico e prog delle più ragionate "Iron Mule" e "The Master Thief" che chiudono in bellezza questo lungo lavoro. Insomma un disco ben scritto, che fa un deciso passo in avanti rispetto al passato, pur rimanendo su dei binari abbastanza classici. Insomma, un lavoro di un buon spessore, ben degno del nome di Leif Edling!


 

Cosa Funziona: Gran belle composizioni, nel complesso, la title track è quella più diretta.

Pelo Nell'Uovo: poco, forse la seconda parte del disco è un po' meno energetica rispetto alla prima.