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The Clash "The Rise and Fall of The Clash" (Warner Music)
Superfluo forse ribadire, per l'ennesima volta, la capitale importanza rivestita dai Clash nella storia del rock: si farebbe soltanto esercizio di quella retorica contro cui essi stessi combattevano. Ed, auspicabilmente, si spera che nel 2014 nessuno più si limiti a confinarli nel ghetto punk, da cui ebbero l'intelligenza (qualcuno direbbe l'astuzia) di smarcarsi velocemente. In tema di celebrazioni, dopo il faraonico box uscito lo scorso anno, comprensivo della (quasi) totalità della loro produzione, giunge puntuale il film diretto da Danny Garcia (nel suo CV videoclip e spot pubblicitari), la cui titanica impresa consisterebbe (il condizionale è d'obbligo) nel raccontare in maniera degna "the only band that mattered". La pellicola scorre freneticamente utilizzando il format tipico dei documentari di tal genere: interviste come se piovesse a personaggi gravitanti nell'orbita delle future star (dai bodyguard alle ex mogli passando per i fans maniacali). Si assiste con sguardo rapito alla crescita esponenziale di un gruppo naif, sia nei contenuti musicali che in quelli estetici, grintosamente guidato (per usare un eufemismo) dal manager Bernie Rhodes. Per sua decisione non presente nel lungometraggio, tranne alcuni, prescindibili, estratti telefonici. Una scelta questa condivisa dai sopravvissuti membri della band: escludendo, infatti, per ovvie ragioni, il compianto Joe Strummer, latitano i restanti componenti. Ad eccezione del ciarliero Mick Jones: i cui interventi, quantunque piacevoli, non rivelano tuttavia alcunché di nuovo. Per compensare l'assenza dei veri protagonisti si produce, di conseguenza, l'effetto inverso: lasciare eccessivo spazio a chi ebbe la (s)ventura di prender parte a quel disastro corrispondente ai Clash mark 2. A Vince White, Nick Sheppard e Pete Howard è regalata quindi una passerella parzialmente immeritata, foriera di spunti secondari nella Clashologia ufficiale. Ed alla fine dei novanta minuti, ciò che resta, tolti gli artifici tecnici (l'abile editing, capace di donare ritmo ad uno script altrimenti destinato a trasformarsi in polpettone indigesto), è però un retrogusto amaro. I Clash furono molto più che rivoluzionari performers nelle grinfie di un manager padre-padrone. Il mancato approfondimento di dolorosi aspetti umani è inoltre palese: ad esempio, i problemi di droga che condussero al licenziamento di Topper Headon vengono appena accennati. Come pure sono colpevolmente sottaciuti gli eccessi da primadonna, nonché i tormenti interiori di Strummer. Parimenti alle differenti visioni politico/etiche che contribuirono a far implodere il quartetto inglese. Più che un rockumentario, "The Rise and Fall of The Clash" finisce perciò col sembrare l'appassionata visione di un inguaribile ammiratore, non quella di un cineasta con finalità omnicomprensive e coerenza nella narrazione. Con tutti i pregi (taluni) ed i difetti (molteplici) che ciò comporta.
I Contenuti: Cronistoria dei Clash Extra: Nessuno.
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