Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


Intervista con i White Skull

Recensioni: White Skull

"Will of the Strong"


Intervista con i Thomas Hand Chaste

Recensioni: Where The Sun Comes Down

"Welcome"

Recensioni: Pandora

"Ten Years Like in a Magic Dream"

Recensioni: Black Star Riders

"Heavy Fire"

Recensioni: Kreator

"Gods Of Violence"

Recensioni: Danko Jones

“Wild Cat”


Intervista con i Saxon

Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea

"Faces With No Traces"

Recensioni: Ted Poley

"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

Recensione: Europe "War of Kings"

Europe "War of Kings"

(UDR GmbH)

Per Chi Ascolta: Hard Rock anni '70, Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple… l'ha detto Joey Tempest!

Ogni nuovo disco degli Europe successivo al 1991 mi provoca crisi bipolari e sdoppiamenti di personalità. Da un lato la mia anima da dodicenne si aspetta una nuova "The Final Countdown" tutte le volte, dall'altro il mio lato soggetto all'ineluttabile passare del tempo cerca di farsene una ragione, visto che è da "Start From The Dark" che gli ex lungo-criniti si sono ripresentati in versione adulta. Già vedermi Joey Tempest col capello corto e liscio (e ormai padre di due pargoli) è un'amara secchiata d'acqua gelata in faccia, ora questa svolta settantiana è arrivata a darmi il colpo di grazia. O meglio, il colpo di grazia l'ha dato alla mia parte nostalgica e adolescenziale. L'altra parte dice: i tempi cambiano e nessuna band può e deve rifare sempre lo stesso disco, evolversi è segno di maturità. Del resto il sempre affascinante vocalist ha messole cose in chiaro e ha dichiarato che "War of Kings è il disco che avremmo sempre voluto fare, sin da quando eravamo ragazzini che ascoltavano band come Zeppelin, Purple e Sabbath". Strano che stavolta non abbia tirato fuori i Thin Lizzy,si sarà dimenticato… Dunque mi tuffo nella title-track e sbatto la faccia contro la voce seria di Tempest e le chitarre asciutte di Norum; per fortuna Mic Michaeli ha ripreso a suonare, o meglio, gli hanno ridato volumi decenti ma, santo cielo, nemmeno un coretto nel ritornello? Ok, se non altro gli Europe sanno cantare e suonare, e il motivo non è male, un po' piatto per i palati fedeli alle pomposità degli anni '80 che si sa, li si può ritirare fuori a oltranza, ma ormai sono finiti. Però la successiva "Hole In My Pocket" mi piace, la trovo sexy, quasi quasi mi vien voglia di riascoltarla e persino di canticchiare. Un po'superfluo il solo di chitarra trito e ritrito, ma apprezzo che si senta rombare il basso di John Leven in sottofondo. Tanto per gettare un minuscolo ponte col passato le 3 successive "The Second Day", "Praise You" e"Nothin To Ya" si concedono ritornelli orecchiabili facili da assimilare, ma fatico a capire il senso (artistico, per carità) di "California 405", con la sua svolta melodica piatta e monocorde. Ottima, invece, "7 Days Of Rock n Roll", titolare di una melodia particolarmente accattivante, sensuale e divertente allo stesso tempo, probabilmente il pezzo migliore dell'album. In "Children Of The Mind" si sente Leven addirittura per la seconda volta, ed è l'unica nota positiva che mi sento di sottolineare in questo pezzo così ostentatamente retrò da sembrare quasi una cover. Ma se vi piace il Rock, qui di sicuro l'avrete. Passata "Kashmir"…ops, volevo dire "Rainbow Bridge", "Angels (With Broken Hearts)" si snoda tra atmosphere soft e melodie dolci, ma nulla di nuovo sotto il sole. Del testo preferirei non parlare… Archiviata la trascurabile "Light Me Up", a chiudere i giochi interviene "Vasastan", una strumentale che mi fa pensare agli esordi della band, quando Norum si prendeva uno spazio e dava sfogo alla sua vena compositiva, con finale a sorpresa. Che fatica, mediare tra la tentazione di scrivere "Santo cielo, e questo me lo chiamate un album degli Europe?" e la consapevolezza che si possa dire tutto tranne che "War Of Kings" sia un brutto disco. Ma in qualche modo dovrò pur concludere. Allora:

Finale di recensione numero 1: dove sono andati a finire gli Europe, quelli veri? Dov'è il divertimento, dove sono i cori, dove sono i brividi? Non è troppo piatto questo disco? Posso riavere "Rock The Night"?

Finale di recensione numero 2: una band che ha saputo ritrovare un'identità nonostante un'eredità pesante, che ha saputo crescere e dare vita a un lavoro maturo che si genuflette alla maestosità degli anni '70 pur in chiave moderna.

Detto questo, beh, io non riesco a dare un voto, fate voi!


 

Cosa Funziona: la voce, gli strumenti…la qualità è una costante, per fortuna.

Cosa Serve: non vale dire "The Final Countdown", vero?