Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


Intervista con i White Skull

Recensioni: White Skull

"Will of the Strong"


Intervista con i Thomas Hand Chaste

Recensioni: Where The Sun Comes Down

"Welcome"

Recensioni: Pandora

"Ten Years Like in a Magic Dream"

Recensioni: Black Star Riders

"Heavy Fire"

Recensioni: Kreator

"Gods Of Violence"

Recensioni: Danko Jones

“Wild Cat”


Intervista con i Saxon

Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea

"Faces With No Traces"

Recensioni: Ted Poley

"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

RECENSIONE: Graveyard "Innocence & Decadence"

Graveyard "Innocence & Decadence"

(Nuclear Blast)


Per Chi Ascolta: hard rock 70s

Gli svedesi Graveyard si sono imposti in pochi anni e una manciata di dischi, all'attenzione e fra i migliori interpreti della scena "vintage" rock che negli ultimi anni sta facendo sempre più proseliti, soprattutto nei paesi scandinavi ma non solo. Arriva quindi il quarto capitolo della storia del quartetto di Göteborg, che si era fatta conoscere al grande pubblico con il lancio del riuscito "Hisingen Blues" (una delle migliori uscite degli ultimi anni, senza dubbio), e aveva trovato parziale conferma in un "Lights Out" sulla scia del precedente ma senza il guizzo vincente. Ecco che, riconfermarsi su livelli così alti è oggi sempre più complicato, così questo nuovo lavoro ci propone sì alcuni spunti nuovi, ma rimane fedele a una formula molto semplice e collaudata, andando a pescare sempre da influenze non certo nuove, ma a tratti un po' logore e abusate. Si parte con la graffiante vena della diretta "Magnetic Shunk", dove, pur senza inventare nulla di nuovo, ritroviamo ancora tutto quello che ci ha sempre dato emozioni ascoltandoli per la prima volta: la voce carismatica di Joakin Nilsson, le cavalcate blueseggianti, settantiani fino all'osso, qualche divagazione heavy psych. Però qui oggi, pur con grande capacità e credibilità degli svedesi, pare mancare il colpo a sorpresa da standing ovation, che si aspetterebbe da gente che ha sfornato fino ad oggi dischi di un certo spessore. Certo non manca il singolone, già anticipato, con la poppeggiante "The Apple & the Tree", il classico lentone desolato e fumoso di "Exit 97", non ispiratissimo ma ben composto, così come la finale delicata "Stay For A Song" che si staglia dal resto delle composizioni. Forse l'aspettativa era troppo alta per solo qualche piccolo momento da ricordare, ma nel complesso il disco è comunque ben scritto nel suo complesso sia ben chiaro. Siamo sicuri che dal vivo il quartetto svedese non deluderà le attese, ma qui ci aspettavamo un deciso salto di qualità rispetto al precedente lavoro, rimandati!


 

Cosa Funziona: Nulla di nuovo sotto il sole, niente grandi stravolgimenti rispetto al passato, forse è questo che ci si aspetta da loro!

Pelo Nell'Uovo: Manca però il guizzo che lo renda da ricordare e non solo un pezzo in più della collezione.