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Recensione: Lana Lane "El Dorado Hotel”

Lana Lane "El Dorado Hotel”

(Think Tank Media)

Per Chi Ascolta: Progressive Symphonic Rock

Dopo quattro di assenza dalle scene discografiche, torna Lana Lane con dieci nuove testimonianze della sua bravura di cantate ed interprete, su basi strumentali come sempre ideate dal marito ed eccellente tastierista Erik Norlander che ha chiamato a raccolta musicisti della levatura di Bruce Bouillet (Racer X), Neil Citron, Freddy DeMArco, Mark McCrite e Guthrie Govan alle chitarre, Don Schiff allo stick bass, Mark Matthews al basso e Jay Schellen (Hurricane) alla batteria, per concludere con John Payne (Asia) ai cori ed al mandolino. Gli estimatori di Lana sanno di potersi aspettare del succulento progressive rock sinfonico altamente elaborato negli arrangiamenti e con nuovi spunti interessanti da gustare pronti a spuntare all'improvviso in qualunque momento. L'undicesimo album di Lane non fa eccezione e riesce a farle perdonare la lunga assenza sin dalle prime battute di "A Dream Full Of Fire", otto minuti e mezzo di intenso rock sovrastato da una maestosa aurea di Yes, Heart, Rainbow, e Deep Purple, assaggi vicini al flamenco ed un ritornello potente ed orecchiabile che rendono il brano uno dei momenti più emozionanti del cd. "Maybe We'll Meet Again" ha una struttura più lineare che si snoda lungo un hard rock sinfonico finemente impreziosito da ammalianti parti vocali e incisive parti chitarristiche; "El Dorado" è un epica ballata progressive che continua il solco della classica "Queen Of Ocean", le cui dolci armonie sono parzialmente continuate in "Darkness Falls", brano che alterna momenti da folk celtico con improvvisi break in stile gothic-metal. "Hotels" è un lascivo lento nel quale il mandolino arricchisce il dialogo pianoforte-voce, "Believe" a sorpresa rivela sonorità modern-pop-rock appena contaminato da tracce progressive, il cui refrain potrebbe tranquillamente far da sfondo a spot pubblicitari (ma con una classe ineguagliabile). "Life Of The Party" e "Gone Are The Days" sono altri momenti di rock melodico dalle parti vocali altamente orecchiabili, probabilmente nate sulla scorta delle decine di concerti che Norlander ha tenuto insiene a John Payne nel 2011. "Moon God" spiazzerà parzialmente gli intransigenti prog-lovers in particolare per certi effetti vocali techo-pop, ma ecco stagliarsi all'orizzonte "In Exile", magnifica piece di undici minuti che lo stesso Norlander descrive come 'vintage progressive rock epic', introdotto da vellutate tastiere sulle quali Lana dipinge sofferte trame vocali, per esplodere in gloriose e lunghe cavalcate strumentali alla Yes anni settanta, quindi un ritorno alle sonorità iniziali per farsi travolgere dalla finale carica vicina all'hard rock anni settanta. "El Dorado Hotel" offre alcuni spunti di novità e di apertura a sonorità contemporanee nello stile di Lana Lane, e questo deve essere considerato come desiderio di non volersi crogiolare nello stesso calderone di sempre, anche se a mio parere il compito non è stato svolto nel migliore dei modi e può lasciare un lieve senso di amarognolo in bocca, 'minusvalenze' più che ampiamente compensate da altri momenti di grande musica che sa far risplendere nel migliore dei modi le grandissime qualità di Lana Lane.


 

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