Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


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Recensione: Lita Ford “Living Like A Runaway”

Lita Ford “Living Like A Runaway”

(SPV)


Per Chi Ascolta: rock essenziale, ma anche Bon Jovi.

Geniale Lita, torna a cinquant’anni suonati facendo finta che gli anni non siano passati. E fa le foto promozionali nelle stesse pose ( e con gli stessi vestiti?) degli anni 80, nascondendo le rughe e scoprendo i nuovi tatuaggi. E geme e ammicca con la voce mentre trivella la su BC Rich; così mi accoglie “Branded” non appena premo il tasto play e mi godo il nuovo disco di una delle mie beniamine degli anni d’oro. Miei e suoi… Ovviamente il titolo si riferisce al passato nelle Runaways, ma anche ai momenti difficili della vita della biondona, reduce da un divorzio e da anni di abusi fisici perpetrati dall’ex Nitro Jim Gillette; per questo lo scopo di quest’album è offrire una sorta di aiuto in musica ai fedeli ascoltatori, che possono, all’occorrenza, trovare conforto nelle parole di questo “viaggio musicale”. In “Hate” il basso martella e le atmosfere tendono a farsi minacciose, dichiarazione esplicita fatta all’ex uomo della sua vita che, dopo averla maltrattata le ha anche portato via i figli. Il bianco e nero della copertina dona anche alla successiva “The Mask”, mezzo tempo che osa pure qualche cupa tastiera; poi la title-track allenta i toni e si concede un po’ di leggerezza in più e non stonerebbe in un disco di Bon Jovi. E, mentre ci siamo, ecco qui “Relentless” che mette in fila titoli famosi di miliardi di brani esplosi e implosi negli eighties, e si gode i meritati luoghi comuni delle strofe. Del resto lei la storia del rock femminile altroché se l’ha fatta, dunque può e nessuno dica nulla. In cerca di emozioni forti proseguo e arrivo a “Mother” e il titolo mi fa paura. Sarà di nuovo un omaggio alla madre Lisa, una ode ai pargoli James e Rocco o qualche altra cosa? Direi la terza ipotesi, ma quasi ci sta… I figli non la vedono da tempo, e sono stati messi contro di lei. Insomma Lita si fa seria e affida alla sua sei corde note grondanti pathos mentre lei canta un destino avverso fatto di abusi e di separazioni. “Asylum” sembra la continuazione stilistica della precedente, e la scelta si spiegherebbe solo qualora si trovasse a garantire un continuum narrativo, che personalmente non colgo, ma che lei, giura, c’è. Per favore, Lita, tira fuori un “Shot Of Poison” o un “Back To The Cave”… No, eh? “The Devil In My Head” scorre leggermente più brioso ma non esalta, e la successiva “Love 2 Hate U” si fa più leggiadra e ritmata. Dopodiché ecco la conclusiva “Song To Slit Your Wrists By”, firmata Nikki Sixx e incattivita dalla Nostra. Le versioni varie di questo disco (millemila tra itunes, doppio lp, edizioni limitate digipack) contengono varie bonus tra cui cover di Elton John e ospitate di Doug Aldrich. Niente grandi hit platinati dunque. Credo che la Ford abbia volutamente cercato una maturità artistica che si traduce sì in un cantato nettamente migliore rispetto al passato, ma che porta alla rinuncia di pezzi esplosivi e di sicuro impatto. Che tanto ci mancano.


 

Momento D'Estasi: la Lita internazionale ha imparato a cantare…

Pelo Nell'Uovo: un po’ di divertimento, suvvia!