Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


Intervista con i White Skull

Recensioni: White Skull

"Will of the Strong"


Intervista con i Thomas Hand Chaste

Recensioni: Where The Sun Comes Down

"Welcome"

Recensioni: Pandora

"Ten Years Like in a Magic Dream"

Recensioni: Black Star Riders

"Heavy Fire"

Recensioni: Kreator

"Gods Of Violence"

Recensioni: Danko Jones

“Wild Cat”


Intervista con i Saxon

Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea

"Faces With No Traces"

Recensioni: Ted Poley

"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

Recensione: Moonspell “Alpha Noir”

Moonspell “Alpha Noir"

(Napalm/Audioglobe)


Per Chi Ascolta: gothic metal, Paradise Lost, Tiamat, i “patriarchi” del genere.

Undicesimo album di studio per i miti del gothic metal, i portoghesi Moonspell, che tornano sulla scena dopo 4 anni con questo “Alpha Noir”, che in parte ha deluso le mie aspettative. Sin dalle promo e dai proclami della band si era compreso che erano state in parte abbandonate le atmosfere più tipicamente gothic per affidarsi ad influenze thrash e death. Le tastiere e i synth sono stati per lo più accantonati con conseguente perdita di emozione, a mio parere. Anche la voce di Fernando suona strana, ha adottato un registro a metà fra scream e pulito che trovo abbastanza dissonante rispetto al suo normale timbro che è molto caldo. Le prime quattro tracce sono tutte piuttosto simili: brevi nella durata e classiche nella struttura, senza grosse sorprese. In “Em Nome Do Medo” offre finalmente un po' di calore nella forma di synth che compaiono nel corso della canzone, cantata in portoghese. Altro cambiamento che ho approvato è il passaggio completo al growl nei minuti terminali, in cui si percepisce la disperazione e la drammaticità che sono proprie del metal a tinte più oscure. “Opera Carne” è un pezzo senza infamia e senza lode, che dal titolo pare riprendere le tematiche erotiche tanto care ai Moonspell, per cui li avevo molto apprezzati in passato. In “Love Is Blasphemy” i riff si fanno tipicamente thrash con qualche accenno di tastiera a rendere il tutto meno monolitico e leggermente più inquietante. In “Grandstand” compare una melodia orientaleggiante, a cui segue un bel break atmosferico, di cui si sentiva la mancanza nel resto dell'album. Un'altra cosa di cui sento parecchio l'assenza sono le vocals femminili che bene o male avevano allietato gli ascolti dei loro lavori precedenti (vedasi Anneke in “Scorpion Flower”). “Sine Missione” è una bella strumentale, aperta da un'orchestra dal suono dark ed epico per continuare con un delicato pianoforte e di nuovo orchestra. Acquisisce impeto metal sul finale e chiude in positivo un album che ha una partenza decisamente fiacca, salvo riprendersi nella seconda metà, anche se mi aspettavo molto di più dopo quattro anni di attesa.


 

Massima Allerta: il piano nella strumentale in chiusura.

Colpo Di Sonno: la prima metà dell'album.