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Recensione: Oliva "Raise The Curtain"

Oliva "Raise The Curtain"

(AFM Records)

Per Chi Ascolta: Heavy Metal Sinfonico e Progressivo, Rock Teatralek

Giusto trent'anni dopo "Siren", album di debutto dei Savatage, arriva il primo vero e proprio album solista di Jon Oliva che nel tempo ha lasciato traccia del proprio talento nei Doctor Butcher, Trans-Siberian Orchestra e nei Jon Oliva's Pain (oltre, ovviamente, nei Savatage) che, dopo quattro buoni albums, si sono fermati per la morte del chitarrista Matt LaPorte nell'Aprile del 2011. Parlavo di album solista ed in effetti in "Raise The Curtain" Oliva canta, ha suonato la maggior parte degli strumenti, col solo sporadico aiuto di Howard Helm (ch) e di Chris Kinder (bt - Jon Oliva's Pain), ricorrendo per la composizione ai riffs inediti del compianto fratello Criss Oliva e all'intesa con Dan Fasciano. L'album è un ottimo mix di progressive e classico heavy metal, spunti teatrali e pomposi con intrecci musicali e vocali di rara bellezza e presa, una musica che possiede il dono dell'essere senza tempo e come tale verrà apprezzata sia dai più 'anziani' veterani che conoscono Jon Oliva dai suoi primi passi nel mondo musicale, sia dai novelli adepti della musica intelligente e non banale. Fate partire il cd e sarete avvolti dalle sontuose evoluzioni della titletrack che vi richiamerà le aperture sinfoniche e progressive di Magellan e Kansas, seguita da un pomposo coro (semplicemente il titolo della canzone) rubato agli Styx e da variazioni alla Queen d'annata, sfociando nella bollente "Soul Chaser", anche qua inizialmente reminiscente dei primi Yes con uno spiccato accento metal, ma la strofa è cattiva come sapeva essere l'Alice Cooper anni settanta (e gli assoli di chitarra paiono provenire dalla chitarra di un certo Blackmore all'epoca dei Rainbow) con un Hammond che la fa da padrone assoluto. Si cambia totalmente ambientazione con "Ten Years", pura stravaganza da musical teatrale con tanto di fiati da godere più volte senza mai stancarsi. Il riff portante di "Father Time" recupera lo stile dei Doobie Brothers, lo imbastardisce con quello dei Kansas e rielabora il tutto in chiave Jon Oliva's Pain per un risultato semplicemente fantastico. "I Know" è una commovente ballad teatrale, dominata da pianoforte e chitarra acustica che restano protagonisti anche quando il climax si fa più incandescente e teso per l'ingresso di batteria e strumenti elettrici. "Big Brother" è un secco e tirato hard rocker con l'hammond e le tastiere sempre in primo piano ad impreziosire un brano altrimenti mediocre. Di ben altro tenore è "Armageddon", epico e pomposo heavy metal ricollegabile ai Savatage, un pezzo dalle tinte sulfuree e malefiche, ma sempre sinfoniche. "Soldier" è un bellissimo lento puntellato dal suono del flauto, un ennesimo esempio di come Jon sappia proporre soft songs con indubbia e riconoscibile maestria, un piccolo mondo sognante brutalizzato dalla dura e drammatica "Stalker", non fra i momenti più interessanti del disco pur ricorrendo a sitar per conferire un tocco di unicità alla sua trama difficile da seguire e capire, sorte che la accomuna a "The Witch" che possiede però una maggiore fruibilità. La chiusura è affidata a "Can't Get Away", orecchiabile e divertente rock blues che richiama tanti brani dei primi anni settanta e persino un pò dei Beatles, e alla breve "The Truth" (bonus track) dal sapore più tipicamente inglese fra Elton John e Jethro Tull. "Raise The Curtain" mostra la poliedricità stilistica di Jon Oliva, le sue doti compositive (pur coi citati aiuti) e strumentali, oltre che di esperto rock vocalist, un album fortemente raccomandato a tutti.


 

Massima Allerta: La parte iniziale è letteralmente mozzafiato

Pelo Nell'Uovo: Sottotono ho trovato solo Stalker e Big Brother, oltre a The Truth