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Recensione: Revolution Saints "Revolution Saints"

Revolution Saints "Revolution Saints"

(Frontiers Records)

Per Chi Ascolta: Melodic Hard Rock e AOR

Obiettivo ormai acclarato della Frontiers Records è quello di dare vita a progetti diversi con la pletora di artisti che ne compongono il roster.Oggigiorno infatti l'etichetta italiana può contare al proprio attivo una presenza consistente di supergruppi che,a vario titolo,contribuiscono a infondere nuova linfa al panorama dell'hard rock melodico internazionale.Il 2015 parte con il botto grazie alla formazione semplicemente stellare dei Revolution Saints,una miscela esplosiva di componenti di Journey/Bad English,Night Ranger/Damn Yankees ed ex Whitesnake. Accanto al batterista Dean Castronovo,che si dedica con successo anche al cantato,ritroviamo infatti il bassista Jack Blades e alla chitarra Doug Aldrich ,noto naturalmente per i suoi numerosi anni alla corte di David Coverdale,ma distintosi in precedenza per la militanza nel gruppo di Ronnie James Dio,Bad Moon Rising e Burning Obsession.Il disco d'esordio eponimoè prodotto dall'onnipresente Alex Del Vecchio,qui alle prese anche con le tastiere,e si compone di dodici pezzi per poco più di cinquanta minuti di musica.L'introduttiva "Back On My Trail" è un classico hard rock dalla melodia contagiosa,alimentato dalla sei corde energica di Aldrich,dal drumming fantasioso di Castronovo e dal basso pulsante di Blades in sottofondo.La successiva "Turn Back Time",prescelta come singolo,sprigiona un'innegabile profumo ottantiano per le sue armonie irresistibili e l'assolo chitarristico impeccabile.La presenza in veste di ospite del cantante degli Journey Ariel Pineda non può che innalzare ulteriormente il tasso tecnico del gruppo nella semi ballad "You're Not Alone",mid tempo dai ritmi pacati e sognanti.Il solismo prorompente di Aldrich annuncia l'arrivo della corale "Locked Out Of Paradise",seguita a ruota da "Way To The Sun", brano molto british style caratterizzato da una duplice natura acustica/elettrica e vivacizzato dall'intervento ispirato e perentorio di Neal Schon alla sei corde. Se l'energica "Dream On"rappresenta l'esempio perfetto di congiunzione tra l'hard rock e l'AOR più raffinato e di classe,"Don't Walk Away" è un altra ballata intensa e dalle forti potenzialità commerciali,con le tastiere di Del Vecchio a giocare il ruolo di vere protagoniste del pezzo. La pianistica "Here Forever" è la versione attualizzata e riarrangiata in chiave hard rock del brano "Nel Nome del Padre" di Francesco Renga ma sono l'adrenalinica e debordante "Strangers to This Town" insieme all'elegante "Better World" a toccare le vette più elevate dell'album con i loro intrecci armonici di voce e chitarra di diretta derivazione Journey. La conclusione del disco,indirizzato ai palati musicali più esigenti,è affidata all'incedere sincopato dell'incisiva "How To Mend A Broken Heart" e alla dolcezza della semiacustica "In The Name Of The Father (Fernando's Song)"con il suo entusiasmante finale elettrico in continuo crescendo.


 

Cosa Funziona: la piacevole sorpresa costituita dalla prova vocale convincente di Dean Castronovo

Pelo Nell'Uovo: avrei forse preferito un Aldrich più aggressivo alla sei corde lungo tutta la durata dell'album,ma ci troviamo al cospetto delll'opera prima di una nuova formazione il cui gusto musicale vira nella direzione di un hard rock più spiccatamente melodico rispetto agli Whitesnake.