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Recensione: Royal Hunt "Devil's Dozen"

Royal Hunt "Devil's Dozen"

(Frontiers Records)

Per Chi Ascolta: melodic progressive metal

Un vago senso di turbamento mi ha accompagnato nella stesura della recensione dell'ultimo disco dei Royal Hunt.Confesso di avere letteralmente adorato album come Moving Target e Paradox,ma una certa apprensione,trasformatasi in seguito in timore palpabile,risiedeva nel fatto che,all'indomani della fuoriuscita di Mark Boals avvenuta nel 2011,la pubblicazione di due dischi piuttosto anonimi e deludenti,nonostante il ritorno dietro al microfono del figliol prodigo D.C. Cooper ,potesse rappresentare il fatidico canto del cigno per la formazione capitanata dal tastierista e principale compositore André Andersen. Show Me How To Live (2011) e A Life To Die For (2013) fornivano infatti un'immagine molto opaca e sbiadita dei Royal Hunt.Il dilemma da affrontare era questo :il tredicesimo disco porterà alla constatazione dello sfaldarsi di un mito o piuttosto darà il via a una sorta di incoraggiante rinascita?.Se i presagi facevano propendere al peggio (troppo spesso infatti nelle ultime prove in studio le tastiere relegavano la chitarra al ruolo di semplice comparsa,mentre la batteria risultava poco dinamica in seno alle composizioni manifestamente elaborate per porre in risalto l'operato tastieristico di Andersen),questo Devil's Dozen brilla invece di luce propria.Senza rinnegare lo stile che ha reso famosi i Royal Hunt, il nuovo disco viene esaltato dagli assolo virtuosi di Jonas Larsen e consente al nuovo arrivato, il batterista Andreas Habo Johansson di trovare la sua giusta collocazione.Quanto a D.C.Cooper, il suo registro vocale appare cambiato addirittura in meglio,con interpretazioni dei brani molto convincenti e ispirate come nell'epica " A Tear In The Rain".Il compito di tranquilizzare i fan spetta all'introduttiva "So Right So Wrong" che incarna l'aspetto più classico dei RH,mentre sono la drammatica "Heart On A Platter",dal solismo chitarristico fulminante,e " May You Never (Walk Alone)"ad indicare la via di una evoluzione compositiva vera e propria.Se "Way Too Late" mostra un'approccio più moderno da parte dei RH,senza perdita alcuna in termini di incisività, e "H.E.A.T." può vantare coro e ritonello irresistibili,sono il crescendo lirico del mid tempo blues "Until The Day"e le reminiscenze folk di "Riches To Rag " a rilanciare una carriera artistica che sembrava ormai essersi se non assopita quantomeno seriamente appannata. I Royal Hunt tornano con un album davvero notevole,molto vario e prodotto in modo ottimale. Tutti gli appassionati del gruppo possono trarre finalmente il tanto agognato respiro di sollievo.


 

Massima Allerta: il piacere di ritrovare l'ugola di D.C.Cooper in ottimo stato di forma

Pelo Nell'Uovo: perchè si è dovuto attendere così tanto tempo per un ritorno in grande stile dei Royal Hunt?