Recensioni: Where The Sun Comes Down "Ten Years Like in a Magic Dream"
Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea
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Sepultura “Machine Messiah” (Nuclear Blast) Per Chi Ascolta: Thrash Sconcertante come i Sepultura continuino, imperterriti, ad infangare il rango di un nome che oggi di storico possiede soltanto il passato remoto. “Machine Messiah” è l’ennesimo capitolo di una band ormai da vent’anni allo sbando, confusa, indecisa su quale direzione prendere, interessata unicamente a vivacchiare capitalizzando sulla propria importante ragione sociale. Imbarazzante ad esempio il brano omonimo, con Derrick Green che osa un cantato melodico simil dark sopra riff triti e ritriti, i medesimi di “I Am The Enemy”, scheggia hardcore d’ordinanza sentita mille volte quantomeno bruciante. Il solito, ormai prevedibile, incipit samba di “Phantom Self” lancia un mid tempo roccioso dotato di groove apprezzabile squarciato però da strani inserti orchestrali che stonano non poco.”Alethea” prosegue veleggiando nel mare magnum della noia sotto la guida del nocchiero Green, che non riesce a trovare una rima od un gancio vincenti nemmeno per sbaglio. Va indubbiamente meglio col superbo strumentale “Iceberg Dances”, sostenuto dal portentoso drumming di Eloy Casagrande (l’autentico valore aggiunto del disco) e da Andreas Kisser che, svegliatosi dal torpore usuale, imperversa in lungo in largo. Ma ci pensano “Sworn Oath” e “Resistant Parasites” a riabbassare immediatamente il livello qualitativo, tra irritanti linee vocali e costanti aperture di tastiere che lasciano basiti. Preceduta dalla sfuriata di “Vandals Nest”, tre minuti di violenza cieca ed anonima, è “Cyber God” a porre, senza infamia e senza lode, la fine ad un album discutibile. Se, come pare, la reunion con i fratelli Cavalera non avrà mai luogo, è almeno auspicabile che questi Sepultura abbiano il buon senso di non proseguire. Altrimenti, di questo passo, si sfiora l’autolesionismo. Massima Allerta:Non pervenuta
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