Speciale Muskelrock 2019


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Recensione: Slayer "Repentless"

Slayer "Repentless"

(Nuclear Blast)

Per Chi Ascolta: Thrash Metal

Dopo Fear Factory e Soulfly, la Nuclear Blast completa i comeback di bands storiche calando sul tavolo il carico più pesante ed atteso: gli Slayer, orfani (nel vero senso della parola) di Jeff Hanneman e reduci dall'allontanamento polemico (che novità) di Dave Lombardo. In detto quadro generale di forte incertezza, è "Delusions Of Saviour" a dover spazzare via le nere nubi che si addensano all'orizzonte, palesando però la prima sorpresa, trattandosi di un (non memorabile) strumentale della durata di due minuti di chiara ispirazione NWOBHM. Si torna a bomba su terreni abituali con la titletrack, classico assalto fieramente condotto da Tom Araya, che ben si districa sul riff ripetuto ad oltranza, ma alquanto piacevole. La successiva "Take Control" è una bordata infarcita di breaks che più groovy non potrebbero essere, quasi radio friendly nella loro immediata riconoscibilità, in maniera non difforme da "Vices", giostrata su velocità di esecuzione non elevata, strofe cantabili e chitarre che preferiscono rifinire piuttosto che spianare la strada. Una scelta questa mutuata da "Cast The First Stone", contraddistinta da un Paul Bostaph "più lombardiano" del consueto, mentre "When The Stilness Comes", col suo arpeggio analogo a quello di "The Call Of Ktulu" degli ex nemici Metallica, presenta un Araya impegnatissimo a fare il tenebroso quasi à la Glenn Danzig, lasciando quantomeno interdetti. "Di contro, "Chasing Death", nonostante le discutibili cadenze moderne, racchiude sfuriate degne del glorioso passato, non diversamente da "Implode", che distilla furenti accelerazioni prelevate tuttavia di sana pianta da "War Ensemble". E' invece "Expendable Youth" il riferimento principale dell'interlocutoria "Piano Wire", la cui unica utilità consiste nel traghettare l'ascoltatore ad "Atrocity Vendor", randellata sulle gengive finalmente cattiva quanto dovrebbe essere una canzone di Kerry King & co. E sulle medesime coordinate si muove "You Against You" che, pur zavorrata da un inizio drammaticamente banale, si evolve nello stile di "God Hates Us All". La produzione affidata al connubio Greg Fidelman-Terry Date si rivela per ciò che era prevedibile fosse: un tentativo (da capire quanto riuscito) di abbinare sound contemporaneo a vetero stile thrash. Insomma, niente a che vedere con la morbosa profondità di "Seasons In The Abyss" o della follia inarrivabile di "Reign In Blood" e "South Of Heaven", quando a griffare il suono ci pensava un certo Rick Rubin. Alla fine della fiera, "Repentless" necessita forzatamente di molteplici ascolti, soltanto all'esito dei quali vi potrete rendere conto se si tratta di un lavoro rilevante o della fotocopia sbiadita dei bei tempi.


 

Cosa Funziona: L' inimitabile stile Slayer

Pelo Nell'Uovo: La tangibile assenza di Hanneman e Lombardo