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Recensione: Steven Wilson "Hand.Cannot.Erase."

Steven Wilson "Hand.Cannot.Erase."

(KScope)

Per Chi Ascolta: Post Prog

Se ne dicono troppe su Steven Wilson, di sicuro non è un personaggio che lascia gli ascoltatori indifferenti. Chi lo osanna ad ultimo genio moderno e chi invece grida al flop e alla sua presunta furbizia del mestiere. E' sicuramente molto prolifico, questo è un dato che accomuna tutti i critici, infatti dal suo progetto madre, i Porcupine Tree (al momento congelato) ai No Man e ai Blackfield (anche qui al momento congelato), i sui fans hanno di che mettere le mani al portafoglio. Se ne dicono troppe su Steven Wilson, come se miscelare sonorità King Crimson con Pink Floyd e del Metal oscuro alla Opeth fosse un reato. Sporcare il Prog con il Metal è un sacrilegio per molti ascoltatori. E poi come si permette di mutare disco dopo disco…chi si crede di essere! Se ne dicono troppe su Steven Wilson, che è sempre troppo malinconico, oscuro, a volte macabro, ma che è malato? In "Hand.Cannot.Erase" non ripete il canovaccio usato per l'ottimo predecessore "The Raven That Refused To Sing (And Other Stories)" disco che ha messo d'accordo molti "progghettari", eppure sarebbe stato facile ripetere tale grandiosità, la formula il ragazzo la conosce bene, non dicevate che era un furbo? Lui no, lascia il sentiero per addentrarsi in un contesto più semplice, apparentemente banale, rivolto maggiormente alla formula canzone. Non più lunghe suite, bensì quadri sonori a se stanti che assieme confluiscono in un contesto che parla della morte di una ragazza rinvenuta soltanto tre anni dopo il decesso. Questo fatto ha colpito molto l'autore, tanto da trarne una sorta di concept, cosa rara per la sua discografia. Chi si attendeva un Wilson roboante e magniloquente, come ascoltato l'anno scorso, qui resta un attimo interdetto, le canzoni sono semplici, si grida al tradimento ascoltando l'elettronica ed il minimalismo di "Perfect Life". Se ne dicono tante su Steven Wilson, che è un noioso flop, ma allora mi sorge un dubbio… cosa ci fanno con lui artisti del calibro di Guthrie Govan (chitarra), Nick Beggs (basso), Marco Minnemann (batteria), Adam Holzman (tastiere), Theo Travis (sax, flauto) e Ninet Tayeb (voce)? Amano annoiarsi suonando? Eppure Minnemann anche qui non sembra neppure umano, ma un polipo. Molte di queste affermazioni non le ho inventate io, le ho copiate pare pare da internet. E allora, visto che se ne dicono tante, dico anche io la mia, "Hand.Cannot.Erase." è un disco di passaggio nella vita musicale dell'artista, in esso sembrano convogliati i progetti Porcupine Tree, No Man, Blackfield, miscelati e digeriti, una sorta di embrione in fase di sviluppo, sembrano più distanti "Insurgentes" e anche "Grace For Drowning"…mangiati e digeriti. L'artista non vuole stupire, a mio modo di vedere è soltanto se stesso, come è oggi, uno dei pochi che fa musica per il proprio piacere, altrimenti fosse il contrario avrebbe continuato a sfornare dischi in stile Porcupine Tree, viste le sue vendite. Ho scritto questa recensione molto tempo dopo aver ascoltato per l'ennesima volta il disco e ho voluto anche la versione in doppio lp per goderne a meglio le sonorità, ed ho fatto questo per non lasciarmi scappare facili commenti entusiastici, ma per commentare a mente fredda e lucida. La puntina sta distruggendo i solchi di "Regret#9", già questo brano da solo vale l'acquisto del disco! No, non grido al capolavoro e forse non lo dirò mai neppure negli anni a venire e dopo altri numerosi ascolti, di certo ci è andato molto vicino e in silenzio subisco questo suo modo di concepire la musica. Lo avessi di fronte gli direi soltanto una cosa: "Avanti così, la storia ti segue, come ti seguono i migliaia di gruppi al mondo che ti stanno facendo il verso".


 

Cosa Funziona: La fluidità dell'ascolto dettata da brani variegati in atmosfere.

Pelo Nell'Uovo: Nessuno