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Recensione: Whitesnake "The Purple Album"

Whitesnake "The Purple Album"

(Frontiers Records)

Per Chi Ascolta: Hard Rock

David Coverdale può a buon diritto essere considerato una vera icona dell'hard rock, una delle voci più incredibili e uniche di quest'ultimi quarant'anni,uno showman con pochi eguali in grado,a più di sessant'anni,di dare ancora filo da torcere alle giovani leve.Eppure quando i Deep Purple gli offrirono,quaranta decadi fa,di condividere il microfono insieme al bassista ex Trapeze Glenn Hughes,David Coverdale era un giovane cantante animato di belle speranze ma totalmente sconosciuto. Tutto ebbe inizio allora,dalla trilogia di albums composta da Burn,Stormbringer e Come Taste The Band,contenenti autentiche gemme di canzoni purtroppo sovente dimenticate,soprattutto perchè dall'epilogo della Deep Purple MARK IV,avvenuto nel marzo del 1976,a differenza del Glenn Hughes in veste solista,ben poco del repertorio appartenente a questo periodo così breve ma intenso è stato riproposto in sede live dagli Whitesnake,se si eccettuano"Soldier Of Fortune " e il medley "Burn/Stormbringer" nelle recenti scalette concertistiche.Proprio in omaggio a quel florido triennio 1974-1976, gli Whitesnake pubblicano oggi The Purple Album.L'elevata valenza documentale del disco consiste nel (ri)portare queste canzoni all'attenzione di un pubblico che può darsi le abbia dimenticate o,molto probabilmente,mai conosciute.D'altro canto Coverdale,lungi dal cadere nella trappola dell'autocitazione referenziale e dal prestare il fianco ad accuse fin troppo prevedibili e gratuite di mancanza d'ispirazione,si è astenuto dal porre in essere un compitino formalmente ineccepibile ma arido nella sostanza se non addirittura controprudecente,bensì si è reso autore di un rinnovamento consistente delle canzoni in chiave Serpente Bianco, attraverso un equilibrio esemplare tra il rispetto delle composizioni originali e una certa libertà di manovra.Quest'ultima emerge infatti nel corso del disco nei suggestivi breaks centrali e nel raddoppio delle parti vocali,nelle porzioni rimodellate delle singole canzoni e nel diluvio torrenziale di note che fuoriesce dagli assolo riletti attraverso la differente sensibilità artistica dei chitarristi Reb Beach e Joel Hoekstra (quest'ultimo,chiamato fin da subito a cimentarsi con la prova del nove in sostituzione del defezionario Doug Aldrich,si rende interprete di una prestazione egregia)ma sempre nel segno della massima deferenza verso l'operato di Blackmore e dei rimpianti Bolin e Lord. Sotto questo profilo,seppure gli Whitesnake odierni abbiano riaccolto per l'occasione il caratteristico ed intramontabile organo hammond all'interno del loro sound,segnatamente in "Burn",sono ancora le chitarre a rivestire la parte del leone,riprendendo e sviluppando i temi portanti delle canzoni originarie,arricchite sovente di più minuti supplementari di durata. Le novità più eclatanti si rinvengono,fin dal primo ascolto,nello swing accennato dell'iperattiva "You Fool No One" (pista da accostare per ispirazione a "Still I'm Sad "degli Rainbow, in virtù delle sue linee di canto,forti,lente e fragili),subito interrotto da una solida base heavy, e nel rock'n'roll funky di "Sail Away",traccia trasformata in una folk song dal marcato accento malinconico e dalle venature blues,con la chitarra classica a conferire una maggiore profondità emotiva,che può ricordare in alcuni frangenti una rallentata "Trampled Under Foot" degli Zeppelin, con forse in più un tocco di "Four Stick" e "Custard Pie".L'ammaliante "The Gipsy" assume una coloritura epica nel suo incedere finale rimodellato a nuovo,mentre l'intro di "Might Just Take Your Life",affidata al suono caratteristico della chitarra resofonica,ci consegna un pezzo dal suono vicino al southern rock e grondante di feeling.Canzone in origine dedicata all'attrice hard statunitense Linda Lovelace,"Lay Down Stay Down" si contraddistingue per un lungo assolo tinteggiato di sottili sfumature jazzate,laddove "Love Child" racchiude invece un riff memorabile e di presa immediata e un battito cardiaco accelerato introduce l'incalzante "Lady Double Dealer". Il groove in fa diesis della maestosa e classica "Mistreated",già di per sé contraddistinta da una notevole energia primigenia,viene qui irrobustito da una pesantezza ritmica dirompente, alimentata in modo costante dal raddoppio chitarristico e dai colpi precisi e potenti della batteria tellurica di Tommy Aldridge.Nonostante le versioni originali rimangano difficilmente eguagliabili, la malinconia commovente di "Soldier Of Fortune",ballad dalla melodia molto semplice e diretta, si stempera in un crescendo armonico di rara bellezza,mentre la grooveggiante "Stormbringer", hard rock classico annunciato da un tuono impetuoso e terremotante,presto trasformato in un riff potentissimo,appare la canzone più rivisitata del disco, soprattutto per la scelta,più o meno condivisibile,di ricorrere ad un'ampia campionatura di effetti talvolta un poco spiazzanti. Se il trascorrere del tempo ha lasciato segni evidenti sul registro vocale di Coverdale, la cui timbrica appare oggigiorno più ruvida ed ispessita rispetto agli esordi,ma sempre affascinante,calda e riconoscibile nei suoi respiri profondi,un cambiamento evidente è da rinvenirsi nel nuovo ruolo assunto dalle chitarre che tendono in più di un'occasione a saturare tutto lo spazio musicale possibile in assenza di una presenza tastieristica costante (è proprio di questi giorni la notizia dell'arruolamento in pianta stabile, in veste di tastierista e corista, del nostro Michele Luppi).Il grande affiatamento vocale della formazione che accompagna il cantante britannico ha modo di evidenziarsi nell'introduttiva e incendiaria "Burn",traccia dalla chimica eruttiva un tempo affidata ai vocalizzi altissimi di un magistrale Glenn Hughes,con David Coverdale che,nell'appropriarsi della bluesy ed eterea "Holy Man",originariamente cantata per intero proprio da The Voice of Rock,lascia campo aperto ai suoi musicisti nella maggior parte della deliziosa "You Keep On Moving",sintesi mirabile di funk,soul,blues ed hard rock.The Purple Album,lungi dall'essere una mera operazione commerciale o nostalgica,è un disco concepito per tutti i seguaci di Whitesnake e Deep Purple,suonato con grande passione e competenza,in grado anche di ravvivare la fiamma della riscoperta delle versioni originali di questi classici imperdibili.


 

Cosa Funziona: la sensazione di curiosità derivante dall'ascolto della versione attualizzata di canzoni che hanno fatto la storia dell'hard rock.

Pelo Nell'Uovo: alcuni si lamenteranno dello snaturamento di alcune canzoni,ma la conservazione delle stesse nella loro forma originaria non avrebbe avuto un senso in linea con lo spirito del tributo