Recensioni: Where The Sun Comes Down "Ten Years Like in a Magic Dream"
Recensioni: Paolo Siani ft Nuova Idea
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L'ANTRO DI ULISSE Tales from the NWOBHM, and more... Volume II, a cura di
JIMI BARBIANI BAND “Back On The Tracks” (Andromeda Relix/Black Widow) VOTO – 90 PER CHI ASCOLTA – Hard’n’Blues Dalla sinergia fra J.C.Cinel ex Wicked Minds e il talentuoso chitarrista Jimi Barbiani, non poteva che scaturire un sound di schietta ispirazione seventeen che spazia dall’hard rock al country, dal southern rock al country, il tutto saldamente legato da un substrato rhythmn’n’blues di inusitata eleganza esecutiva e compositiva. Se l’iniziale e possente “I Feel So Lonely” è chiaramente ispirata ai Free riletti attraverso gli oblò dello Zeppelin, la seguente e incalzante “I Got The Devil” denota matrici southern a là Molly Hatchet dai quali mutua la potenza esecutiva, alla quale contribuisce certamente pure la precisa ma pesantissima sezione ritmica del bass player Daniele Vicario e del drummer Elvis Fior. Con l’hard’n’blues di “Good Time Man” si sfiora l’eccellenza dei Lynyrd ‘s e se “Weeping Sky” è una malinconica e ruspante ballata bluesy, grande il solo guitars, con “Party Angel” si torna nell’ambito dell’hard rock ancora venato comunque da pulsanti imputs southern e roboanti scansioni boogie’n’roll. La bottleneck guitars gemellata con l’armonica, introduce e caratterizza la swingante “Streets of Love” a cui seguono “Superstition” di Steve Wonder e “Sure Got Cold After The Rain Fell” degli ZZTop che davvero nulla hanno da invidiare alle versioni originali. Se la sinuosa e vagamente funky and fusion “You Don’t Know” sembra uscita dal songbook dei Doobie Brothers, “The Day Of The Witch” è un malinconico blues intriso di ombrose reminiscenze, mentre la conclusiva piece de resistence a titolo “Good Morning” è la summa cum laude della filosofia musicale dei nostri eroi. Superlativa la prova di JC, e ad impreziosire ulteriormente il tutto contribuiscono certo sia spettacolare digipack che una produzione scarna ma efficacissima. Bravi!!
ANTONIUS REX “Ralefun” (Black Widow Records/Masterpiece) VOTO – 65 PER CHI ASCOLTA – progressive dark…all’acqua di rose!!!! Non mi piaceva nel 1979 e non mi piace nemmeno ora!!!Inutile girarci intorno ragazzi…speravo che la raggiunta ( o presunta) maturità mi aiutasse a rivalutare questo lavoro di Mastro Bartoccetti ma davvero non posso non censurare composizioni quali l’iniziale e insipida “Magic Madness”, l’inconsistenza della pur piacevole “Witch Dance” e le tentazioni “dance” della scandalosa “In Einsteinesse’s Memory”, solo in parte salvata dallo scempio totale dal flauto dell’ospite Hugo Heredia. Davvero troppo formale e di maniera il progressive espresso da musicisti di valore assoluto quali Mastro Bartoccetti e la di lui consorte Doris Norton che sembra abbiano smarrito d’un colpo la carica esoterica e sperimentale degli Jacula presente solo nell’ oscura “Incubus “ e nella conclusiva suite “Enchanted Wood”. A mio, discutibilissimo e criticabile fin che si vuole giudizio, oltre alle due track appena menzionate, si salvano solo la drammaticità insita nella sofferta “Agonia per un amore” e il piano che caratterizza la “Proxima Luna”, inedito inserito nella bellissima ristampa in digipack che davvero avrebbe meritato ben altro contenuto. In fede… e sperando di aver preso un clamoroso abbaglio.
GUDARS SKYMNING “Marka Watten” (Blood Rock/ Black Widow) VOTO – 60 PER CHI ASCOLTA – Hard and blues Cosa volete che vi dica ragazzi. Anche dopo parecchi ascolti il nuovo lavoro degli svedesi, non mi piace. Giusto rielaborare quanto scritto nei seventeen, ma lo si deve fare con la dovuta dose di personalità e grinta, cose queste ben presenti negli italici Witche’s Brew, Wicked Mind e Blue Dawn tanto per non fare nomi. Insomma, i Gudars si rifanno davvero troppo pedissequamente ai Mountain di “Flowers of Evil” come del resto dimostrano “Soderslantsblues” e l’iniziale “Jag Ar En Trollhard” pur essendo i brani migliori del cd unitamente a “Kallar- Tony” e ”Pengar”, anche se il cantato in lingua madre certo non ne facilita l’ascolto. L’altrettanto piacevole “Aldrig Har Jag Velad”, contiene addirittura un estratto da “Starship Trooper” degli Yes e la conclusiva “Never In My Life” è una cover, peraltro ben fatta proprio dei Mountain. Prendete con le molle questa mia recensione ragazzi e comunque date un ascolto al lavoro in questione perché la tecnica esecutiva certo non manca e la dedizione al genere è quasi commovente, però da vecchio ipocondriaco qual sono mal digerisco tutto lo strombazzamento sulla scena svedese a mio parere nettamente inferiore a quella italiana. Il digipack è comunque spettacolare e la produzione all’altezza .
QUINTESSENZA “Nei Giardini di Babilonia” (autoproduzione) VOTO -100 e Lode PER CHI ASCOLTA – heavy progressive rock Confesso che non conoscendo i due precedenti lavori del gruppo toscano, sono rimasto esterrefatto all’ascolto di questa nuova fatica di Diego Ribechini on vocals, Gabriele Moretti on guitars, Filippo Fantozzi alle keyboards, Federico Razzi on bass e Francesco Bruchi alle percussioni. Altresì devo pure ammettere di essermi perso più di una volta nei meandri dei “Giardini Di Babilonia” maestosa e geniale opera rock che assomma in sé la ruvida e angosciante ritmica hard dei Jumbo, dai quali mutuano pure la drammaticità del cantato, il raffinato progressive del Balletto Di Bronzo e del primissimo Banco Del Mutuo Soccorso, la magniloquente teatralità e la conturbante poesia dell’incommensurabile “Orfeo 9” di Tito Schipa J. Se a questo aggiungiamo pure una massiccia dose di heavy metal allo stato selvaggio, ma sempre asservito alla sintassi squisitamente progressiva del gruppo, otteniamo un risultato finale che davvero non teme rivali nel quadro dell’asfittica produzione musicale degli ultimi dieci anni. La sofferta ricerca di un uomo del proprio “io” inizia con il dolcissimo duetto per piano and vocals, dell’ospite Elena Alice Fossi, ne “L’Ingresso” che con “Nei Giardini Di Babilonia” costituisce il Capitolo I “L’Arrivo Della Notte”. Davvero bello l’inciso di piano sul quale volteggia il flauto magico di Alessandra Caponi, letteralmente violentato da inserti hard and prog di assoluta eccellenza che preludono all’irrompere de “La Casa Di Marte”(Capitolo II) che alla cosmica “La Porta Rossa:Il Giardino Del Fuoco”, contrappone l’heavy prog violentissimo e perverso di “Viscere”.Se “La Casa Di Mercurio”(Capitolo III) è dolcissimo progressive che nella seconda parte “Un Volo D’argento” raggiunge vette di liricità commoventi grazie ad un solo guitar di rara espressività, il successivo Capitolo IV “La Casa Di Giove”al recitativo de “Porta Gialla: Il Giardino Della Terra”, segue l’heavy prog con inserti elegantemente thrashy della proterva “Nuovi Rami” presto sommersa dal riflusso delle onde che cullano l’epic and prog della sofferta “Riflesso”(Capitolo V:La Casa Di Venere) graziata da un duetto guitar and flute da favola, prima che il tutto naufraghi nei gorghi dell’improvvisa fiammata heavy che ne caratterizza il finale.”La Casa di Saturno”(CapitoloVI) introdotto dallo struggente recitativo per piano and vocal. De “La Porta Nera: Il Giardino Del Quinto Elemento”, trova nel proseguo “Quintessenza” la celebrazione del metal in chiave prog da parte dei cinque straordinari musicisti che nelle conclusive “La Fine Del Viaggio/L’Ascesa e Il Risveglio” (Capitolo VII: L’Alba Di Un Giorno Nuovo) dimostrano come si possa fare bellissimo progressive antelitteram, nel pieno rispetto di quanto creato dai gruppi storici degli anni ’70, pur rimanendo saldamente e graniticamente ancorati al troppo spesso vituperato heavy metal. La produzione è semplicemente splendida come pure l’artwork...ovviamente e ineluttabilmente Buy or Die!!!!!!!!!!! Per averlo cont: www.myspace.com/quintessenza diegoqnz@hotmail.it Synpressinfo@gmail.com gabbeqnz@hotmail.com
EVERSIN “Divina Distopia” (My Kingdom Music/Masterpiece) VOTO – 80 PER CHI ASCOLTA – Techno power-thrash Evidentemente non era poi così “Fatuo” il “Fuoco” che consumava l’anima di Angelo Ferrante on vocals, Giangabriele Lo Pilato alle guitars e Ignazio Nicastro on bass se dalle brume melanconiche del progressive d’alta scuola del precedente progetto, emerge ora questa nuova e crudele creatura . Fin
dall’iniziale “X.e.n.o.s” infatti, i tre musicisti siciliani brutalizzano le
ancor latenti influenze prog, grandi in questo senso le keyboards dell’ospite
Mimmo Petrella, con prorompenti inserti di epic power che, nella seguente “Wings
on Tears” debordano spesso e volentieri in micidiali accelerazioni thrash and
speed, grazie ai graffianti riffing di Giangabriele ben sorretti dalla
debordante sezione ritmica formata da Ignazio e dal drummer ospite Sergio Calì.
“In the Shadow of the Rose” pur basilarmente techno thrash, presenta input epic
power prog e digressioni prog grazie all’ispiratissimo piano che prima introduce
una selvaggia accelerazione in doppia cassa e poi impreziosisce una seconda
parte di brano assai sinfonica, magniloquente e drammatica sulla quale si
staglia un solo guitar da brividi che si infrange nell’incendiario finale.
Davvero un brano grandioso e davvero non me ne voglia il pur bravo Angelo se mi
permetto di osservare che,pur ammirandone le doti interpretative, preferirei
minor pathos e più “precisione”. “Divina Distopia” è il manifesto sonoro degli
Eversin: aperture sinfonico progressive e drammatici “in crescendo” di stampo
epic power fanno da contraltare a improvvise impennate techno thrash che trovano
nella virulenta ma ancor sontuosamente power prog “Angel of Silence” la loro
massima espressione,spesso sconfinando nel thrash and speed stravolto e
iconoclasta che fu trademark dei grandi Watchtower a mio giudizio unico paragone
possibile,con le dovute proporzioni è ovvio, per gli Eversin. La seguente
“Suddenly” è una struggente power prog ballad che prelude alla conclusiva “In my
Dreams they Live” che nulla toglie ne aggiunge ad un grande lavoro,in alcuni
frangenti forse ancor troppo acerbo in fase compositiva ma suonato con il cuore
e ...le palle. Prosit!!!!
LINGALAD “La Locanda Del Vento” (Lizard Records) VOTO – 85 PER CHI ASCOLTA – folk rock “La Locanda Del Vento è un luogo dove puoi udire Storie…un vento inarrestabile ma gentile che, come un abile cantastorie, porge ad orecchie…”Così recita la prefatio del nuovo lavoro del gruppo orobico che, abbandonate le tematiche legate a Tolkien, si concentra nella narrazione delle ben più misere vicende umane, sempre e comunque legate a doppio filo alla natura e alle sue oniriche suggestioni. Insomma,dei moderni cantastorie che, partendo dal grande Fabrizio De Andrè, de “Non Al Denaro, Non All’Amore Né Al Cielo” e passando per il Branduardi più intimista de “ La Luna” approdano alla creazione di un sound che spazia dal rock folk al pop d’autore. L’iniziale“Il Profumo Del Tempo” è propedeutica in tal senso, nel suo essere prepotentemente folk rock pur mantenendo input e sinergie squisitamente progressive pop che trovano la loro massima espressione nella dolcissima e stupenda “Gli Occhi Di Greta”, forse l’episodio migliore dell’intero lavoro, anche grazie alla passionale interpretazione del singer Giuseppe Festa che si ripete nella sofferta e altrettanto bella “Toni Il Matto”cantata in coppia con Davide Camerin. Nel mezzo del cammin….troviamo “Il Colpo e La Cura”dove , purtroppo, linee vocali non troppo convincenti, inficiano almeno a mio modesto parere, una stupenda melodia di base. Insomma, mi perdoni il grande Giuseppe se mi permetto di osservare che l’eccessiva retorica insita nelle vocals ”rallenta” in qualche modo l’incedere arioso e conturbante del brano, come del resto e con mio sommo rammarico succede nella pur bella “Il Mio Nome”. Mi piace assai “La Pietra Di Erice” ottimo strumentale dal sapore agreste graziato dal flauto magico di Claudio Morletti che poi interpreta da par suo, in coppia con Giovanni, la dolcissima “Dono Di Maggio” a cui segue “Lio” altra ballata pop di ottima fattura ma appesantita non poco dall’incedere troppo “aulico” e sopra le righe del nostro amato Giuseppe, che poi si rende autore di una prestazione maiuscola nell’interpretare la magica “Oltre Le Stelle”, la struggente “L’Abbraccio Del Noce” e in coppia con Francesca Cazzulani, l’evocativa “Alice”. Per concludere,un grande ritorno per i Lingalad che si confermano ottimi musicisti, ottimamente prodotto e dalla grafica assai carina...ma per favore ragazzi, ogni tanto tappate la bocca al buon Giuseppe…
GOAD “Masquerade” (Black Widow/Masterpiece) VOTO – 90 PER CHI ASCOLTA – Progressive rock Mai parto fu più doloroso ragazzi!! Davvero mi è stato difficile assimilare il nuovo lavoro della band fiorentina, viste le molteplici influenze che caratterizzano il loro sound, comunque e sempre saldamente ancorato agli anni ’70. Sempre in precario equilibrio fra progressive tout court, dark e l’hard sinfonico dei geniali Jumbo, ai quali è gioco forza riferirsi anche solo per le abrasive vocals di Maurilio Rossi, sin dall’ostica opener track “Fever Called Living”, i nostri eroi mettono in mostra un songwriting complesso e assai stratificato che partendo dai King Crimson, approda all’hard and prog dei summenzionati Jumbo, pur impregnando il tutto di angoscianti atmosfere a là Van Der Graaf Generator, che vanno ad impreziosire pure la seguente “Eldorado” che in un crescendo drammatico approda attraverso input hard a là Warhorse, all’heavy prog strumentale della seconda parte. “Last Knowledge” se nella prima parte è suadente ballad con il flauto di Francesco Diddi in splendida evidenza, grande pure la performance alle vocals di Maurilio, nella seconda mette in evidenza insospettate influenze gotico/sinfoniche che mi hanno ricordato i Greenslade. Insomma una molteplicità di influenze, comunque e sempre asservite al precipuo sound del gruppo che certo non facilita l’ascolto ma non ne inficia certo la bellezza insita pure nella sofferta “The Judge”, dove rivive lo spirito malato di Peter Hammill: ancora sugli scudi il flauto di Francesco e l’ispiratissimo Maurilio qui impegnato pure alla chitarra. Semplicemente stupenda la malinconica “Valley of Unrest” ancora sospesa fra Van Der Graaf Generator, struggente a dir poco il sax dell’inciso e i Pink Floyd più lisergici, mentre “To Helen” contrappone l’iniziale dolcezza, adoro il flauto che ne detta l’incipit, ad uno sviluppo hard and prog invero grazioso. “Alone” è altrettanto struggente grazie all’intreccio fra acoustic guitars, flute and violin che la caratterizza, sul quale si inerpicano le vocals di un grandissimo Maurilio Rossi. Forse l’episodio migliore dell’intero lavoro, e pazienza se le seguenti e pur validissime “ Slave of the Holy Mountain”, e la suite finale “Masquerade(with Dance Macabre)” non ne sono all’altezza. Ma a parte questo, incastonata come un diamante fra le rocce, brilla la maestosa “Dreamland” ennesima piece de resistence di prog sinfonico. Sono fuso ragazzi quindi concludo dicendo che le bellissime liriche sono liberamente ispirate a Edgar Allan Poe, sperando che il prossimo lavoro non duri 77 minuti!!Bravi comunque.
DOOMRAISER “Mountains of Madness” (Blood Rock/Black Widow) VOTO – 95 PER CHI ASCOLTA – Doom and Dark Il nuovo lavoro del quintetto romano amplifica in modo significativo le timide aperture epic and prog che caratterizzavano il precedente “Erasing The Remembrance”, pur mantenendone le ferali digressioni doom come del resto ben testimonia l’iniziale “Mountains Of Madness”, comunque squassata da improvvise accelerazioni heavy dark e impreziosita dalle teatrali vocals del mai cosi espressivo Nicola “Cynar” Rossi. “Phoenix”, piece de resistence di 12 minuti, è però il compimento maximo del nuovo assunto sonoro del gruppo: epic doom e breaks melodici si fondono a lugubri impennate doomy and dark e davvero bravi in questo caso i due Axeman “Drugo” e “Willer” nel creare dicotomie sonore psicotiche e dall’oscuro flavour prog , anche grazie all’hammond dell’ospite Francesco Bellani. Se “Re-Connect” è immolata sull’altare del sabba nero, nonostante ferali breaks e sepolcrali imputs doom, la seguente “Vampires Of The Sun” è dannatamente heavy , pur nel suo essere epic and prog nei frequenti stop and go che ne squarciano l’ossianico e spiritato incedere. La conclusiva “Like A Ghost” è epic doom davvero allo “stato selvaggio”, grandioso il solenne incedere delle chitarre invano contrastate da lisergiche space- keyboards .Che dire d’altro se non che la produzione è ottima e la grafica del digipack bellissima. Buy or Die!
DOOMRAISER/EARTHRIDER Split 45 (Blood Rock/Black Widow) VOTO – SV PER CHI ASCOLTA – Doom and dark “Supernatural Illusion” è il brano presentato dagli Earthrider di Dave Sherman on vocals, Kyle Van Steinburg on guitars, Rob Hampshire e Eric Little, rispettivamente bass and drums, con la partecipazione straordinaria di Scott “Wino”Weinrich guitars and vocals. Naturalmente l’assunto sonoro spazia dallo psycho doom all’heavy dark, con tendenze assai lisergiche e space oriented, mentre l’inedita e ottima “Guardian Of The Great Dark” dei Doomraiser è ovviamente propedeutica al “nuovo” sound del gruppo anche se in questo caso a farla da padrone è l’epic doom, pur impreziosito da stranianti digressioni psyco –space.
PAOLO SIANI & NUOVA IDEA “Castles, Wings,Stories & Dreams” (Black Widow/Masterpiece) VOTO – 100 PER CHI ASCOLTA - Progressive rock Paolo Siani drummer nei primi anni ’70 della Nuova Idea, torna sul mercato accompagnato dai vecchi compagni d’avventura Ricky Belloni (gtr) e Giorgio Usai(hammond). A questo nucleo si affiancano ospiti d’eccezione quali Roberto Tiranti, Joe Vescovi, Mauro Pagani e Marco Zoccheddu autore fra le altre cose di un magnifico solo guitar nella solenne “Wizard Intro” che con il recitativo “Un Dono”, introducono l’hard and progressive track “Madre Africa”, dove l’hammond di Joe Vescovi e il flauto magico di Mauro Pagani creano un sound legato a doppio filo al sontuoso “Clowns” del lontano 1973, sul quale si ergono le ieratiche vocals di Roberto Tiranti e un altro ispiratissimo solo guitar di Zoccheddu. La seguente e dolcissima “Questa Penombra è Lenta”è a mio avviso il capolavoro del cd: le vocals di Paolo e dell’ospite Ottavia Bruno sono da brivido E cosi pure l’onnipresente chitarra di Marco Z. rappresentando davvero l’ideale sequel della bellissima “Non Dire Niente…(Ho già capito)” dell’ormai purtroppo dimenticato “In The Beginning”, primo lavoro della Nuova idea datato 1971. A questo grande capolavoro del prog italiano , è manifestatamente ispirata pure la superba suite “The Game” che alterna breaks di prog sinfonico squisitamente hard quali “Mickey’s” e “Jump” con le guitars di Ricky Belloni e il violino di Carlo Cantini in splendida evidenza, a momenti più introspettivi quali l’introduttiva “Wizard Of Your Sky”, il tutto magnificamente legato dall’ispiratissimo organo hammond di Giorgio Usai e con un grande Roberto Tiranti alle vocals che poi supera se stesso nell’epica, oscura, ma comunque e sempre dannatamente hard’n’prog “Cluster Bombs”, con ancora Marco Zoccheddu , guitar and piano sugli scudi. La struggente “This Open Show”, grandi le vocals e il flauto di Alberto Buttarelli e l’inciso di piano di Diego, Fabio Gordi e Daniele Pagani, e lo strumentale dal vago sapore rinascimentale di “C’era Una Volta”, con il cello di Giuliano Papa in evidenza, chiudono un grande lavoro che una volta ancora dimostra CHI sappia davvero suonare progressive!!! |
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