Speciale Muskelrock 2019


Rok and Roll On The Sea - Festa del Redentore


Ciao Alex!


L'Antro di Ulisse Vol. XXII


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"Welcome"

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"Faces With No Traces"

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"Beyond The Fade"

 

 

 

 

 

L'Antro di Ulisse, Volume III

L'ANTRO DI ULISSE

Tales from the NWOBHM, and more... Volume IV, a cura di 

 

IV LUNA

The Last Day of an Ordinary Life”

(autoprodotto)

VOTO – 100 e lode

PER CHI ASCOLTA - heavy progressive dark
 

Dio Madonna che disco!! Il nuovo lavoro di Mik Chessa vox and guitars, Laki Chessa on guitars, Alex Giuliani on drums e di quel pazzo di Andrea BJ Caminiti pure bass player dei Doomraiser è qualcosa di incredibile. Ti conquista ascolto dopo ascolto, trapanandoti il cervello senza alcuna pietà e davvero non capisco come un capolavoro del genere sia passato praticamente inosservato o quasi. Psicopatico connubio fra heavy dark, progressive italian rock e doom metal, fin dall’iniziale “September 28th, 2003” ti annichilisce : l’epicità insita nei Dark Quarterer , le drammatiche atmosfere dei My Dying Bride e le litanie dei Paradise Lost sono rilette e stravolte secondo l’ottica heavy prog dei primi Queensryche, veri numi tutelari anche della seguente e altrettanto possente ma comunque ancor pregna di sulfureo flavour dark “Unsafe Prison”. “I Realize” è magmatico heavy prog allo stato selvaggio e le vocals spiritate di Alice Pelle, aumentano in modo esponenziale il malessere doomy and dark che l’incipit guitar ti sbatte in your face. “In the Shade” è l’ideale colonna sonora per il funerale della Mia Sposa Morente e solo in questo caso l’influenza degli Anathema è palese, pur se mediata da un retrogusto gotico assai drammatico che mi ha ricordato i Malombra degli esordi. “Last Days Of My Ordinary Life” è immolata sull’altare dei Doomraiser più lisergici dell’esordio, anche se ovviamente le cantilenanti vocals di Mik, le oniriche acoustic guitars che la caratterizzano e le devastanti esplosioni di heavy dark che la squassano all’altezza del refrain, ne personalizzano il sound. Ma il capolavoro assoluto del lavoro è senz’altro la stratosferica “La Tua Voce”, malinconica track di progressive dark che davvero non ha uguali nel suo genere e mi riesce impossibile pure descrivere la bellezza intrinseca di una track dall’incedere maestoso e drammatico anche grazie al testo in lingua di rara poesia e sofferto lirismo. “Magic Room” è ancora potentissimo heavy dark anche se in questo la componente epico progressiva è predominante, mentre la seguente e altrettanto devastante“Unsuitable” ne è l’esatto contrario e le stesse considerazioni valgono per la più ombrosa “Disappeared” che paga dazio pure ai propedeutici Warrior Soul di “Last Decade Dead Century”. Acoustic guitars e i leggiadri vocalizzi di Alice introducono e caratterizzano invece “The Best Day” disperata e drammatica epic dark track che prelude alla conclusiva e sognante “Goodnight Moon” breve ma intenso strumentale che al pari dell’iniziale “63 Seconds To Black 0” racchiudono un lavoro fantastico,ottimamente prodotto e suonato con una maestria davvero rara a trovarsi. Bonus del dgp è “Tentativi” che datata 2002 altro non è che la prima parte della stupenda e incommensurabile “La Tua Voce”.

Per averlo www.quartaluna.com BUY or DIE!!!! U.C.

 

SIN CIRCUS

“No Sin No Fun”

(Valery Records)

VOTO - 80

PER CHI ASCOLTA – Thrash and Punk’n’Roll

 

Il gruppo veronese torna sul mercato dopo sei anni dall’omonimo e autoprodotto cd di esordio.

Le Coordinate musicali non sono però cambiate e il trittico iniziale di micidiali songs thrashy quali sono “No Sin, No Fun”, “Fooled and Betrayed” e “Keep Goin’On” lo dimostrano. L’attitudine punk’n’roll del gruppo, per certi versi avvicinabile a Motorhead, Testament & Extrema si manifesta però nelle dinamitarde “Rockin’Vegas”, “On The Road With My Mates” & “Never Enough”dove soprattutto in quest’ultima track,la premiata ditta Cresh alle abrasive vocals e Ash ai sempre e comunque potentissimi riffing guitars, non disdegna pure ficcanti incursioni nell’hardcore. Peccato davvero che il maldestro tentativo di emulare i Metallica della simil power ballad “Right Choice”, rovini non poco l’ascolto globale di un cd comunque godibilissimo che a mio personalissimo parere trova la massima espressione nella superba e violentissima“I Don’t Love You” thrash’n’speed track che farebbe crepare d’invidia pure gli Anvil. La produzione è ottima e l’artwork del cd assai divertente e bello a vedersi. U.C.

 

D-VINES

Kill Me Martina”

(Valery Records)

VOTO – 70

PER CHI ASCOLTA – rock alternativo

 

Non me ne voglia il gruppo di Brescia se il genere da loro proposto non è certo quanto io preferisca in campo musicale. Il mixing comunque perfetto fra elettronica e hard stile anni ’80, Depeche Mode & Nine Inch Nails tanto per non fare nomi, trova la massima espressione nell’iniziale “Your Lies” ottima track di hard rock evoluto, davvero bello il riffing guitars del duo Andrea Minoglia/Fabio Bonezzi che la sostiene e nella seguente e ancor più heavy “Every Day” e pazienza se poi le vocals, comunque perfette di Stefano Roncadoni, proprio mi risultano indigeste. Davvero troppa almeno per i miei gusti l’influenza in tal senso dei Depeche Mode come del resto ben testimonia pure “Experience”, pur graziata dal songwriting già maturo e assai personale del gruppo che alterna digressioni melodiche a esagerate esplosioni hard’n’heavy. Insomma e per farla breve il mixing fra Metal, hardcore, grunge, hip hop e quant’altro, ben evidenziata dalla comunque graziosa “Kill Me Martina”, proprio non si confà al mio essere troglo-vetero-metallaro…

Da segnalare comunque pure l’elettro heavy rock di “Drawing In Electro Mind”, la danzereccia “Stars”, la massiccia “June 30th” e la conclusiva ballad “Juliet”. La produzione è semplicemente perfetta, l'artwork bello e certo l’ascolto avrebbe meritato un orecchio più avvezzo al genere…sorry ragazzi. U.C.

 

J27

“Generazione Mutante”

(Vrec/Venus)

VOTO – 60

PER CHI ASCOLTA – rock and pop mady in italy

 

Nel mare magnum della terra di nessuno posta fra hard rock e il pop rock caratteristico di bands quali Negrita e Le Vibrazioni tanto per non far nomi, naviga pure questo gruppo, anche se sono soprattutto i Litfiba il termine di paragone ben presente nel songwriting del gruppo di Pisa come ben testimoniano del resto le iniziali “Mai” e “Il Viandante”. Pur bravi nell’esecuzione, Marco on vocals, Mamo e Alex alle chitarre, vogliono però “piacere a tutti i costi” e questo porta alla creazione di tracks quali “Non Esisti” e “Solo”, che nulla hanno da invidiare a cantautori quali Grignani e questo , se non certo un disonore, sposta le coordinate del gruppo ben lontane dal vero hard rock.

Se “Alla Ricerca Di Me”, Venere Nera” e “L’Alieno”, avrebbero trovato in Mister Cremonini un più consono interprete, l’hard’n’roll dell’ottima “Bombe” e della frizzante “Generazione Mutante” dimostrano che i numeri per crescere ci sono, come dimostra pure la particolare e riuscita cover di “Shout” dei Tears For Fears”…peccato davvero...U.C.

 

FOCUS INDULGENS

Hic Sunt Leones”

(Dommymood records)

VOTO – 90

PER CHI ASCOLTA – heavy dark and progressive doom

 

Se il primo lavoro “The Past” era ottimo doom/epic and progressive metal, questo secondo lavoro del gruppo di Siena, è caratterizzato oltre che per l’utilizzo della lingua italiana anche da una decisa sterzata verso lidi più progressive, pur conservando stilemi prog e digressioni doomy and heavy dark davvero di ottima fattura. Se i Black Sabbath rimangono comunque i numi tutelari del trio, DeDeLind, Jet e Corte Dei Miracoli ne sono i punti di riferimento nel prog italiano degli anni ’70. Il sacrale organo di Carlo Castellani che caratterizza l’introduttiva e lugubre “Hic Sunt Leones”, prepara all’irrompere dell’hard and prog rock della possente e vagamente epica “Il Re e La Quercia”. “Figlio Di Cagna” è puro e semplice heavy dark allo stato selvaggio, segnato a lettere di fuoco dal salmodiare inconsulto di Carlo, degno contraltare del riffing oscuro ma assai dinamico di Federico Rocchi e dal drumming forsennato di Edoardo Natalizi, pur non disdegnando improvvise e ferali digressioni doomy e interludi più solari di classica matrice progressive. “Calendimaggio” è una sulfurea composizione che alterna sfuriate a là Sabbath a digressioni doomy in stile Saint Vitus, anche se le onnipresenti keyboards conferiscono poi al tutto uno straniante flavour prog. Se un bellissimo inciso di Flauto caratterizza la comunque lugubre a ancora heavy dark “Un Profeta Dal Cosmo”, la seguente “Era Autunno” è una sorta di ballad oscura e persa nei meandri dell’inferno che ben prepara all’ascolto della conclusiva e bellissima“Vinsanto”,piece de resistence di oltre 15 minuti,vera summa cum laude del sound dei Focus Indulgens. La produzione è ottima e l’artwork assai accattivante per un lavoro che i cultori del lato oscuro della forza devono avere. Dimenticavo. ..i testi sono assai interessanti, improntati su storie misteriose, improbabili e perse nel tempo ma proprio per questo assolutamente consoni alla musica proposta. BUY or DIE!! U.C.

 

 

CONTINUAL DRIFT

Reality”

(Valery Records)

VOTO – 75

PER CHI ASCOLTA – Pop & Alternative Rock

 

Il gruppo di Sesto Calende (VA) è fautore di un sound fortemente debitore del nuovo rock made in USA che ha nei Nickelback la sua massima espressione come ben si evince del resto dall’iniziale e frizzante “Reality”. Peculiarità del gruppo sono però le “particolari” vocals di Michele Ponti e i riffings comunque e quasi sempre ad alta caratura hard’n’heavy di Edoardo Besozzi, vero dominatore dell’hard’n’roll della piacevolissima “Just One Question”, anche se il riff portante mi ricorda “Madhouse” degli Anthrax. Se “Where The Sun Meets The Blues” è ancora frizzante modern rock dal superbo appeal radiofonico, la seguente “It’s Time To Change” pur nella sua formale perfezione è fin troppo prevedibile hard rock ballad, anche se il solo guitar dell’inciso è davvero nemmeno male. Preferisco di gran lunga la struggente piano ballad “Destiny”, la seguente

“Reckless”, altro alternative rock mediato da influenze classy a là Night Ranger e la sguaiata “I’ll

Leave Her Behind” che trova massima espressione nell’edulcorato e assai ruffiano refrain.

Se “She’s Dancing” si ammanta di pseudo imputs glam pur mantenendo l’appeal alternative che caratterizza il sound del gruppo, la seguente “Fake” è punk’n’roll all’acqua di rose, forse fin troppo vicino ai Green Day, ma tutto sommato ancora piacevole da ascoltare, a cui seguono l’altrettanto carina e boogie’n’roll “This Is Your Life” e la conclusiva e stucchevole ballad “Bring Me Home”, ben costruita ma davvero troppo prevedibile. Perfetta la produzione.U.C

 

 

KLOGR

Till You Decay”

(Zeta Factory/Valery Records)

VOTO – 85

PER CHI ASCOLTA - Alternative Metal

 

Pur non essendo un estimatore del genere in questione, certo so riconoscere quando un gruppo ci è o ci fa….come si suol dire e posso affermare che il gruppo di Carpi ci sa davvero fare. Oltretutto essendo comunque un buon conoscitore dei gruppi alternativi degli anni ’80 e ’90 ho notato latenti influenze che vanno dai Soundgarden ai Nirvana, passando per Jane’s Addiction anche se poi il tutto è rapportato a loro diretti discendenti quali Alter Bridge e Deftones per la potenza espressa e i Tool per le stranianti melodie psicotiche che ogni tanto fanno capolino nel muro del suono creato dalle chitarre sempre rudi di Nicola Briganti e Gabriele “Rusty” Rustichelli anche ottimo,versatile e grintosissimo singer come ben testimoniano del resto le iniziali e violentissime “Live Dying” e la mia personale coccolina “Silk And Thorns”, nelle quali si mette in mostra pure la sezione ritmica formata da Todd Allen al basso e Filippo De Pietri on drums. Se con la seguente “White Eyes” il ritmo diventa meno vorticoso, rimane inalterata la potenza di base che, con stilemi hard ‘n’heavy caratterizza l’ancor devastante“Bleeding”. La straniante e vagamente psycho-garage “Green Star” concede un poco di respiro prima dell’uragano sonoro targato “Self Loathing”. A mio giudizio il miglior brano del lotto è però “Naked Mind”che alterna momenti melodici, il refrain è assai ruffiano, a squassanti esplosioni modern metal fin che si vuole ma ad alta gradazione heavy, cosa questa che caratterizza pure la rabbiosa e hard rock oriented “You Gotta Know”. Concludono un comunque ottimo lavoro, la stranamente oscura ma comunque martellante “Value Of Sin”, la melodica “Silted Memories”e la fin troppo tranquilla e rilassante “Young Graves”.U.C.

 

JACULA

Pre Viam”

(Black Widow /Masterpiece)

VOTO (a Jacula) – 75

VOTO (se fosse stato Antonius Rex) - 100

PER CHI ASCOLTA – progressive dark

 

Lo so lo so…sono in ritardo di quasi un anno ma tant’è…e di sicuro Mastro Bartoccetti non meritava di certo una frettolosa recensione scritta cavalcando lo tsunami di emozioni scatenate anche solo dal mero riproporre un monicker sacro, intoccabile e profondamente radicato nel cuore di un fedele seguace del lato oscuro della forza qual sono. Eppure, anche dopo reiterati ascolti, una domanda mi sorge spontanea: Mastro Bartoccetti, davvero valeva la pena di resuscitare il fantasma di Jacula per un lavoro che certo non ne ripropone il nero e sacrale sound? In fondo il busillis è tutto qui: seminali lavori quali “Tardo Pede in Magiam Versus” e “in Cauda Semper Stat Venenum” trovano riscontro ed evoluzione in “Pre Viam” solo in alcuni bellissimi ed esoterici episodi quali l’iniziale “Jacula Is Back”, “Blacklady Kiss” e “In Rain”dove l’ossianica e sepolcrale chitarra del maestro rievoca antiche paure e ancestrali sensazioni senza tempo. Insomma, l’heavy dark and doomy del ’69 è ben più presente nel precedente “ Per Viam”, che pur non era all’altezza dell’incommensurabile bellezza oscura e demoniaca del sublime “Switch On Dark”, che, avrebbe davvero meritato, questo sì, di uscire sotto la sacrale egida di Jacula! Preferisco quindi recensire “Pre Viam” come il nuovo e sofferto parto di Antonius Rex e allora come per magia, tutti i dubbi e le incertezze svaniscono all’ascolto dell’omonima track dove, un malinconico incipit di piano trascina nel sepolcro in un abbraccio mortale, le leggiadre acoustic guitars del maestro e le demoniache vocals femminili che la caratterizzano. Ancora superbo e assai triste il piano che introduce, per mano di Rexanthony, la solenne e dolorosa “Deviens Folle” e davvero sembra che la lontananza di Doris Norton, abbia spinto il sommo Bartoccetti a subliminale il dolore in melodie mai così criptiche e sinistre. Il ribellarsi della natura alle angherie dell’uomo introduce la catacombale e spiritata “Godwitch”, prima che il progressive dark degli Antonius Rex ops……trovi la massima espressione nella conclusiva e drammatica “Possaction”, tragedia esistenziale di Sandra B. che posseduta dal demonio, trova la sua catarsi nel suicidio. La produzione è fantastica e la grafica assolutamente fantastica, anche se ad onor del vero trovo sacrilego l’uso dello stesso cimitero di “Tardo Pede in Magiam Versus”…e ci risiamo ..invocando il perdono del maestro…concludo dicendo che il video di “In Veritates “ è veramente bello! AMEN

 

FUNERAL MARMOORI

Funeral Marmoori”

(Blood Rock records/Black Widow)

VOTO – 85

PER CHI ASCOLTA: heavy –progressive doom

 

Disco d’esordio per i toscani Giulio Sieni guitars e vocals, Fabio Nanni on drums, Marco Trentanove al basso e Nadin Petricelli alle keyboards. Fin dall’iniziale “Funeral Marmoori” è chiaro che la maggiore influenza dei nostri eroi è il Paul Chain Violet Theatre, pur se rivisto attraverso l’ottica heavy doom dei Saint Vitus, come del resto ben dimostra la seguente e ancor possente “Garden Of Doom”. Ciò che comunque personalizza il sound del gruppo è senz’altro il delirante tappeto sonoro creato dal Farfisa Organ di Nadin, che dona al tutto un tocco lisergico e oldstyle.

“Drunk Messiah” ne è la dimostrazione lampante nel suo essere perfetto mixing fra il lato oscuro del progressive dei ’70, Balletto di Bronzo e Goblin docet, e i primi epici Candlemass .”Lorenzo Lamas” è lisergico heavy doom, ancora grazie alle keyboards, che affiancano i ridondanti riffings guitars a digressione forzata di Giulio, che palesano influenze Pentagram. Mi acchiappa assai “Black Rooster”, proteiforme track che assomma in sé epic metal, heavy doom e progressive tout court, pur mantenendo inalterata la potenza esecutiva di base. Insomma i numeri ci sono e anche se le influenze sono ancora fin troppo palesi, la bravura del gruppo nel miscelare i vari aspetti del loro sound fa ben sperare per il futuro. U.C.

 

OPERA IX

“Strix – Maledictae in Aeternum”

(Agonia Records/Masterpiece)

VOTO – 100

PER CHI ASCOLTA: black metal sinfonico

 

8 anni sono passati dal bellissimo “Anphisbena”, che io ritengo il loro capolavoro assoluto e non nascondendo il fatto che ne aspettavo il naturale proseguimento, devo riconoscere a malincuore di essere rimasto deluso non poco da questo nuovo lavoro del gruppo del grande Ossian. Intendiamoci bene ragazzi, “Strix….” non è un brutto disco, anzi; infatti l’ho subito associato al lontanissimo nel tempo “Sacro Culto” del quale riprende i pregi , tanti, e purtroppo i comunque pochi difetti. Preceduta dal ferale e stregonesco intro “Strix :The Prologue” infatti, prorompe in tutta la sua potenza, la belluina “1313 (Eradicate The False Idols)” che alterna al sepolcrale incedere doomy, ferocissime incursioni nel black’n’thrash più estremo, appena addolcito da breaks acustici e da keyboards oscure che pur non salendo mai al proscenio, donano al tutto una minacciosa aurea di morte. “Dead Tree Ballad” è heavy dark nelle intenzioni, sinfonica nella costruzione ma maledettamente black nell’assunto sonoro generale e davvero è un peccato che la produzione quantomeno discutibile, infici non poco la resa sonora del pur validissimo drumming di Dalamar e releghi a mero accompagnamento le keyboards dell’ospite Alexandros, caratteristica purtroppo quest’ultima di tutto il lavoro. Se la prima parte di “Vox in Rama” è caratterizzata da sacrali canti monastici in lotta con le blasfeme vocals del sempre bravo M.The Bard, la seconda parte presenta ancora l’alternarsi monolitico di input doomy and dark, grandioso in tal senso il rifferama di Ossian, e velocissime scorribande nel black metal. Nella superba “Mandragora” troviamo perverso black’n’thrash, digressioni heavy dark e mortiferi breaks doomy per un risultato finale che davvero rievoca l’oscura epicità di “Anphisbena” e se “Eyes in the Weel” contiene un break sinfonico di tutto rispetto soprattutto grazie all’incipit di piano, altri non è che il pur validissimo sequel dell’introduttiva “1313”, la seguente e di nuovo thrash and black,“Earth and Fire”, bellissimi gli interventi del piano, racchiude in sé tutta la rabbia, l’amarezza e il dolore per quanto poteva essere e non è mai stato, pur essendo immolata sull’altare dei Celtic Frost.. Insomma, gli Opera IX, non hanno mai raccolto nemmeno un terzo di quanto seminato e questo grazie alla cecità di una scena estrema italiana da sempre asservita a nordici buffoni incipriati capaci solo di bestemmiare in italiano. Troppe volte ho avuto modo di verificare on stage la differenza artistica fra i nostri gruppi estremi e gli altri, ovviamente con le dovute eccezioni. Polemiche a parte, se “Ecate The Ritual” è un’ultimo tenebroso interludio, la seguente e ancor violentissima “Ecate” si fregia di input epici e digressioni doomy and dark terrificanti con ancora il piano al proscenio, che preludono all’irrompere delle conclusive “Nemus Tempora Maleficarum” e “Historia Nocturna”. Ambedue interpretate magistralmente da M.The Bard, in italiano antico, ideale proseguo di “Anphisbena, sono magistrali esempi del particolarissimo sound creato da un gruppo, fin troppo ignorato, spesso osteggiato senza motivo e comunque criticato oltre ogni limite. Per concludere, anche se mi aspettavo tutt’altro e questo mi ha ”fottuto” il cervello durante i primi ascolti, è impossibile non riconoscere l’intrinseca bellezza di un lavoro che in fin dei conti è criticabile solo per la produzione. Bellissima la grafica e ovviamente ….BUY or DIE! U.C.